Nihonto (una introduzione)

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Aldebaran
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Nihonto (una introduzione)

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Nihonto

La spada giapponese è stata descritta come "l'anima vivente del samurai, e come l'orgoglio dei guerrieri e l'argomento dei poeti". Il Bushi (guerriero) considerava la sua spada come il bene più prezioso dopo l'onore e la venerava in maniera quasi superstiziosa; per più di cinque secoli intere scuole di forgiatori hanno dedicato le proprie migliori energie esclusivamente a costruire e decorare spade.
Uno sguardo agli innumerevoli riferimenti alla spada nelle leggende giapponesi, nonchè alla minuziosa etichetta alla quale si deve attenere chi la utilizza o chi ne trasporta una, dimostra come quest'arma abbia enormemente influenzato la vita dei samurai dell' antico Giappone.
A parte la sua straordinaria efficacia come arma da combattimento, probabilmente insuperata nel mondo, la katana era considerata come l'emblema più vero ed autentico della virtù, del valore e della forza del guerriero, che aveva il potere di rafforzare la sua fermezza e di proteggerlo da ogni tentazione che potesse infangare il suo nome o quello dei suoi antenati.
Va notato infine come i cinque elementi (acqua, terra, fuoco, legno e metallo) prendano tutti parte al complesso processo di forgiatura (che non consiste semplicemente in una serie di operazioni effettuate meccanicamente, ma di un vero e proprio rito nel quale lo spadaio entra in simbiosi con la lama che sta creando), con la lama che combina la purezza del metallo con l'energia del fuoco utilizzato per forgiarla.

IL MITO


Nel Kojiki, testo sacro fondamentale dello Shintoismo, si narra di come Haya Susanoo, figlio di Izanagi ed Izanami (gli dei creatori del Giappone) venne esiliato nella regione di Izumo. Qui il dio venne a sapere che ogni anno un enorme drago dalle otto teste si presentava nella regione ed esigeva come tributo una vergine. Haya Susanoo si offrì di sconfiggere il drago e, facendolo ubriacare con otto botti di sakè, riuscì ad ucciderlo. Cominciò quindi a tagliarlo a pezzi con la sua spada ma, arrivato alla coda, la lama di ruppe. Incuriosito aprì la coda e scoprì che al suo interno era custodita la grande spada Tsumugari (la ben affilata).
Subito riferì l'accaduto ad Amaterasu (la dea del sole), che decise di donare la spada, insieme allo specchio e ai Magatama, a suo nipote Ninigi, incaricandolo di regnare sul Giappone e di tramandare questi tesori ai suoi successori.
Il decimo imperatore, Suigin, fece porre successivamente la spada nel tempio di Ise.
Il principe Yamato Takeru, figlio del quattordicesimo imperatore, si fece prendere la spada dal tempio e la portò con sè nella sua campagna contro gli Ainu. Un giorno i nemici attirarono il principe in una prateria e diedero fuoco alla vegetazione; Yamato Takeru allora falciò le erbe (altre versioni raccontano che la spada agì magicamente da sola) velocemente e si creò un varco. Da quel giorno la spada prese il nome di Kusanagi no Tsurugi; ancora oggi ì uno dei tre tesori che vengono consegnati ad ogni imperatore giapponese all'atto del suo insediamento.
Fa riflettere che la spada leggendaria provenga dalla regione di Izumo, ricca di minerali ferrosi e quindi zona ideale per i forgiatori di lame.

LA SPADA ATTRAVERSO I SECOLI


La lavorazione del ferro, sia per fusione che per forgiatura, era conosciuta nella Cina del Nord sin dal VI secolo a. C. Il Giappone nel 362 d.C. invase la Corea e, rimanendovi per duecento anni, ebbe modo di acquisire dalla vicina Cina la conoscenza delle armi di ferro ed in particolare della spada, dritta e ad un solo taglio. Fino ad allora, le armi erano state sempre prodotto in pietra e in bronzo, durante le culture Jomon Yayoi.
Dopo una massiccia importazione di spade cinesi, reperibili nelle sepolture preistoriche, il Giappone sul finire del quarto secolo inizia una propria produzione di spade in ferro, elaborando e raffinando tecniche e forme assolutamente originali.
Queste prime spade, chiamate jokoto, erano dritte e la lama (tachi) era lunga dai 90 cm al metro, secondo le misure che vengono date nel Kojiki e nel Nihonshoki. Già in quest'epoca erano presenti vari tipi di spade, come la tsurugi (molto appuntita con il filo su tutti e due i lati della lama, spesso raffigurata nell'iconografia buddista), la tsurugi no tachi (con il filo da un solo lato nella parte di lama vicino all'impugnatura e doppio verso la punta) o la warabite no tachi (una specie di corto pugnale nel quale la lama, spessa e larga, e l'elsa sono formate da un unico pezzo di metallo lavorato).
Con l'avvento del periodo Heian (794- 1185) la lama comincia ad assumere alcune caratteristiche distintive che renderanno la spada giapponese simile a come la intendiamo oggi (migliorandone l'efficacia come arma e la bellezza come oggetto d'arte), come una lunghezza media di 80 cm, una certa riduzione di spessore rispetto al periodo precedente e, soprattutto, la curvatura vicino l'impugnatura (koshizori), che indica come in battaglia fosse ormai diventato più importante il fendente piuttosto che la stoccata. Bisogna ricordare che in questo periodo numerose guerre scoppiarono in tutto il Giappone, ed un editto governativo del 984 (attraverso il quale si vietava ai civili, tranne a color che fossero in possesso di un permesso speciale, di indossare spade) ci mostra come in quel tempo il possesso di un'arma fosse diventata un'abitudine diffusa tra la popolazione.
Nel primo periodo Kamakura (1185-1333), durante il quale la classe militare divenne la colonna portante del paese, si assiste allo sviluppo del tanto, una specie di corto pugnale che si portava alla cintura, e alla nascita del kodachi (piccola tachi), sulla cui origine si discute ancora. Si pensa venisse generalmente usato accompagnandolo al normale tachi (forse come un primitivo daisho), o che fosse un tipo di spada specificatamente pensato per guerrieri molto giovani. In ogni caso, a parte le dimensioni ridotte (la lama misurava meno di 60 cm), esteticamente si presentava come un classico tachi.
Nel 1274 e nel 1281 il Giappone venne invaso dai Mongoli, e si salvò entrambe le volte grazie all'intervento del provvidenziale kamikaze (il "vento divino" che spazzò via la flotta mongola). Temendo un terzo assalto (che tuttavia non si verificò mai), in tutto il paese le manovre militari si intensificarono e la produzione di spade aumentò. Uno dei risultati di questo incremento di produzione fu la creazione di un nuovo tipo di spada, la ikubi kissaki no tachi, leggermente più larga e spessa delle precedenti.
Anche la produzione di tanto aumentò notevolmente, probabilmente a causa del perfezionamento che le tecniche di combattimento stavano subendo in questo periodo; il tanto infatti si rivelava molto utile nel combattimento ravvicinato (era lungo infatti attorno ai 25 cm), nel quale la lunga tachi non si dimostrava altrettanto maneggevole.
Verso la fine del periodo Kamakura cominciò a manifestarsi la tendenza ad allungare le lame, costume che esplose nel periodo Nambokucho (1333-1391), durante il quale la lunghezza delle spade divenne di circa un metro; questa tendenza colpì anche la naginata (l'alabarda).
Il motivo di queste esagerazioni va ricercato probabilmente nel fatto che in questo periodo esistevano due corti imperiali contrapposte che ovviamente rivaleggiavano tra di loro, e che quindi cercavano di ostentare il proprio potere anche attraverso il dispiego di attrezzature militari ed armi dall'imponente apparenza.
Il periodo Muromachi (1392- 1573) vede l'unione delle due corti rivali, e quindi cessa di esistere la necessità di ostentare armi di proporzioni esagerate; si ritorna quindi alle dimensioni consuete, ma presto nuove innovazioni appaiono sulla scena.
Nasce un nuovo tipo di spada, la uchigatana, che possiede due caratteristiche principali: la curvatura è vicino alla punta (sakizori) e non vicino all' impugnatura (koshizori) come nelle spade precedenti. L' uchigatana, inoltre, veniva portata con il filo rivolto verso l'alto. Questo perchè si stava diffondendo la tecnica di combattimento che prevedeva estrazione ed attacco con un unico movimento (tecnica che più tardi prenderà il nome di Iaijutsu); ciò era possibile solo se il filo della lama, al momento dell'estrazione, era rivolto verso l'alto, e la curvatura sakizori rendeva più agevole la procedura.
Le uchigatana venivano forgiate con varie misure. Quelle più lunghe di 60 centimetri erano chiamate katana (termine che col tempo passerà ad indicare tutte le spade in generale), mentre quelle più corte erano chiamate wakizashi o ko-dachi.
In ogni caso le spade di questo periodo erano realizzate abbastanza alla buona, in quanto le lame più diffuse erano ancora le tachi. Uchigatana di qualità cominceranno ad essere prodotte solo nel periodo Momoyama.
Verso la fine del periodo Muromachi si diffonde un nuovo tipo di tanto, lungo solo 15 centimetri, che veniva portato nascosto tra le vesti.
La più importante innovazione nel campo delle spade, che avvenne tra la fine del sedicesimo secolo e l'inizio del diciassettesimo (tanto è vero che le spade prodotte dal periodo Momoyama in poi saranno chiamate Shinto, nuove spade), fu il praticamente totale abbandono del tachi e l'abitudine di portare una coppia di uchigatana (katana e wakizashi) insieme; questa coppia prese il nome di daisho (grande-piccolo) e si diffuse sempre più, anche se nei primi tempi le lame di questi daisho non erano altro che tachi accorciate per lo scopo.
Come per il kodachi, anche l'introduzione del wakizashi non ha una spiegazione ben definita. Tuttavia si può cercare una spiegazione nell'abitudine, per i samurai, di lasciare la katana all'esterno di un edificio ed entrare armati solo di wakizashi, che quindi troverebbe la sua ragion d'essere nel venire usata come un'arma per combattimenti al coperto (anche se il più famoso utilizzatore del daisho fu Miyamoto Musashi, il grande samurai che per primo formalizzò l'utilizzo contemporaneo in combattimento di katana e wakizashi)
Con l'introduzione e la diffusione del daisho, il tanto cadde in disuso. Venne utilizzato però, col nome di harakirigatana, per compiere il suicidio rituale (harakiri, appunto).
Nel 1876, otto anni dopo la restaurazione Meiji, venne promulgato un editto che proibiva ai samurai di portare la spada; in questo modo, di riflesso, i maestri forgiatori di spade si ritrovarono senza lavoro. Tuttavia anni dopo (dopo le guerre contro Cina e Russia) la produzione di spade riprese, essenzialmente per gli ufficiali dell'esercito; queste lame prendono il nome di gendaito (spade moderne). Tuttavia dopo l'editto Meiji molti armaioli avevano abbandonato l'arte, ma Gassan Sadakazu, uno spadaio di Osaka, non aveva mai smesso di forgiare spade e nel 1906 venne nominato Armaiolo ufficiale della Corte Imperiale.
La sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale, e la conseguente occupazione delle forze occidentali, fu un altro duro colpo per l'arte della forgiatura delle spade, in quanto gli occidentali vietarono la produzione di armi di qualsiasi tipo (anche le arti marziali a mani nude vennero proibite).
Ma nel 1953 venne emanata una nuova legge che permetteva la forgiatura delle spade, e nel 1954, sotto il patrocinio della neofondata "Società per la preservazione dell'arte della spada giapponese" si tenne la prima esposizione postbellica di spade; da allora si sono susseguiti numerosi eventi di questo tipo.


Il tamahagane

Qui vi e' una descrizione del tipo di acciaio:http://www.ilrasoio.com/viewtopic.php?f=17&t=73

LA FORGIATURA
Qui vi e' la descrizione di come si forgia una nihonto: http://www.ilrasoio.com/viewtopic.php?f=19&t=74
LA POLITURA:Qui vi e' la descrizione di affilatura di una nihonto:http://www.ilrasoio.com/viewtopic.php?f=12&t=75

LA MONTATURA (KOSHIRAE)

Nella spada giapponese la lama è l'elemento di gran lunga più importante ed è quello che la rende unica rispetto a tutte le altre armi bianche del mondo. Tuttavia per un popolo che, come il giapponese, ha una spiccata sensibilità artistica ed ha sempre posto un' estrema cura nel fabbricare anche i più semplici oggetti di uso comune, sarebbe stato impossibile non riuscire a creare dei veri capolavori anche in un elemento considerato secondario come la montatura delle spade, nata in origine semplicemente per preservare la lama dall'usura e facilitarne il trasporto.
Le lame, a seconda della tipologia e destinazione d'uso hanno peculiari montature che si possono classificare nei seguenti tipi fondamentali:


JINDANCHIZUKURI


Questa montatura è destinata sia all'uso sul campo che alla tenuta da cerimonia. Si porta in senso orizzontale sospesa alla cintura, ed il tipo utilizzato dalla corte Imperiale o Shogunale è sempre molto decorato, anche con elementi preziosi. Il tipo da guerra è relativamente più semplice ed è utilizzato ugualmente con certi abiti cerimoniali.


BUKEZUKURI


Questa è la montatura più diffusa a partire dal XV secolo, ed ? contraddistinta dalla mancanza di elementi di sospensione, dal momento che la spada si porta infilata nella Obi (la cintura della veste) col taglio rivolto verso l'alto.


SHIRASAYA


E' la montatura più semplice (letteralmente shirasaya significa 'fodero bianco'), con tsuka (elsa) e saya (fodero) ricavati da un pezzo di legno unico, senza tsuba nè altre decorazioni. Funzione della shirasaya era quella di conservare perfettamente la lama al riparo dagli agenti atmosferici quando non veniva utilizzata, tuttavia molti samurai utilizzavano questo tipo di montatura anche in combattimento.


Gli elementi principali delle montature sono (partendo dalla punta della lama):



HABAKI
Pur essendo l'elemento artisticamente meno importante, l'habaki è meccanicamente indispensabile, tanto da essere presente in ogni tipo di spada giapponese. Si tratta di una solida fascetta di metallo incastrata tra la fine della lama e la tsuba (ma entra di qualche centimetro anche nella tsuka), che assolve a molte funzioni: fa da fermo alla lama quando è riposta nel fodero (evitando estrazioni accidentali o che la lama sfreghi eccessivamente); protegge un delicato punto della lama dalla ruggine; trasmette l'onda d'urto del colpo attraverso la tsuba fino alla tsuka, evitando di indebolire il mekugi (vedi sotto).
L' habaki è generalmente fatto di rame lucido (anche se spesso vi veniva inciso un mon, lo stemma di famiglia), ma occasionalmente ne sono stati prodotti anche in ferro, avorio, e legno.


TSUBA

La tsuba, o guardia, è l'accessorio più importante della spada. Realizzata in ferro o acciaio (anche se in spade da cerimonia poteva essere di pelle laccata, pelle su legno, oro, osso o avorio), grazie alla sua grandezza, e al conseguente spazio che ne deriva, offrè agli artisti giapponesi una superficie abbastanza ampia su cui esprimere la propria abilità artistica. Per le loro raffigurazioni essi presero spunto da racconti popolari, eventi storici, religione, araldica ed opere dei più grandi pittori cinesi e giapponesi.
Prima del sedicesimo secolo, la maggior parte delle tsuba erano solide, spesse e senza firma, ed erano realizzate e consegnate al committente dallo stesso fabbro che forgiava la spada. Ma inevitabilmente, con il miglioramento delle tecniche decorative (e soprattutto con la lunga epoca di pace inaugurata da Ieyasu Tokugawa), i creatori di tsuba divennero dei veri specialisti.
L'elsa era decorata su entrambi i lati, sebbene la faccia con la decorazione di minore importanza era quella che guardava la lama; era infatti questa la parte più esposta ai danni derivanti da colpi di spada. Le tsuba che presentano questo tipo di "ferite" possiedono senza dubbio un tocco romanzesco che porta a speculare sul loro passato e sull'origine dei tagli, retaggio magari di epici duelli tra samurai.
La tsuba viene generalmente identificata come appartenente ad uno di cinque gruppi principali: AORI, MOKKO, OTAFUKU, AOI e SHITOGI (quest'ultima veniva però usata principalmente per spade cerimoniali. C'erano anche delle forme molto irregolari (volti, pugni ed altre), frutto dell'estro dell'artista e che non rientrano nelle categorie sopra menzionate.
Spesso, rapiti dall'ammirazione dell'abilità dei creatori della tsuba, non ci si accorge che al centro c'è un'apertura (nakago ana) attraverso la quale passa la lama. Il nagako ana è compreso in un ovale generalmente non decorato, chiamato seppa dai, sul quale generalmente l'artista incideva la sua firma.
In entrambi i lati del nagako ana generalmente si trovano due aperture addizionali (kozuka bitsu e kogai bitsu), rispettivamente per un coltellino (kozuka) e per uno spillone (kogai), che si andavano ad infilare in due fessure laterali del fodero. Mentre il kozuka bitsu ha una forma semicircolare, , il kogai bitsu è a forma di trifoglio.

La tsuba, o guardia, è l'accessorio più importante della spada. Realizzata in ferro o acciaio (anche se in spade da cerimonia poteva essere di pelle laccata, pelle su legno, oro, osso o avorio), grazie alla sua grandezza, e al conseguente spazio che ne deriva, offrè agli artisti giapponesi una superficie abbastanza ampia su cui esprimere la propria abilità artistica. Per le loro raffigurazioni essi presero spunto da racconti popolari, eventi storici, religione, araldica ed opere dei più grandi pittori cinesi e giapponesi.
Prima del sedicesimo secolo, la maggior parte delle tsuba erano solide, spesse e senza firma, ed erano realizzate e consegnate al committente dallo stesso fabbro che forgiava la spada. Ma inevitabilmente, con il miglioramento delle tecniche decorative (e soprattutto con la lunga epoca di pace inaugurata da Ieyasu Tokugawa), i creatori di tsuba divennero dei veri specialisti.
L'elsa era decorata su entrambi i lati, sebbene la faccia con la decorazione di minore importanza era quella che guardava la lama; era infatti questa la parte più esposta ai danni derivanti da colpi di spada. Le tsuba che presentano questo tipo di "ferite" possiedono senza dubbio un tocco romanzesco che porta a speculare sul loro passato e sull'origine dei tagli, retaggio magari di epici duelli tra samurai.
La tsuba viene generalmente identificata come appartenente ad uno di cinque gruppi principali: AORI, MOKKO, OTAFUKU, AOI e SHITOGI (quest'ultima veniva però usata principalmente per spade cerimoniali. C'erano anche delle forme molto irregolari (volti, pugni ed altre), frutto dell'estro dell'artista e che non rientrano nelle categorie sopra menzionate.
Spesso, rapiti dall'ammirazione dell'abilità dei creatori della tsuba, non ci si accorge che al centro c'è un'apertura (nakago ana) attraverso la quale passa la lama. Il nagako ana è compreso in un ovale generalmente non decorato, chiamato seppa dai, sul quale generalmente l'artista incideva la sua firma.
In entrambi i lati del nagako ana generalmente si trovano due aperture addizionali (kozuka bitsu e kogai bitsu), rispettivamente per un coltellino (kozuka) e per uno spillone (kogai), che si andavano ad infilare in due fessure laterali del fodero. Mentre il kozuka bitsu ha una forma semicircolare, , il kogai bitsu è a forma di trifoglio.


L' elsa era sempre di legno, preferibilmente di magnolia, formata da due metà incollate insieme con pasta di riso. Il legno era generalmente coperto da un unico pezzo di pelle (same) di razza (Rhinobatus armatus), sul quale poi veniva avvolto lo tsukaito, una striscia di seta o cotone (generalmente di color nero, anche se erano usati anche il marrone, il blu scuro, il verde o il bianco) disposta e ripiegata in modo tale da coprire interamente la tsuka fatta eccezione per dei piccoli spazi a forma di rombo che si venivano a formare su entrambi i lati dell'impugnatura. Lo tsukaito manteneva inoltre fermi i menuki (vedi sotto), ed era bloccato a sua volta dal kashira, il pomello dell'impugnatura.


MENUKI

Erano una coppia di piccoli ornamenti in metallo decorato che venivano posti in posizione asimmetrica su entrambi i lati dell'elsa, con la funzione di rafforzare la presa della spada e di decorarla ulteriormente. Erano lavorati con una decorazione abbinata a quella del kozuka e del kogai (vedi sotto).


MEKUGI

Il mekugi è un'asticella di bambù (o corno) che, passando attraverso un apposito buco nell'elsa (mekugi ana) ed infilandosi nella lama, la fissa ed impedisce che esca dalla tsuka.


KOZUKA e KOGAI

Il kozuka (o kogatana) è un coltellino decorato presente nella montatura di alcune spade, e viene inserito in un apposito spazio ricavato nel fodero.
Il kogai è invece uno spillone (anch'esso decorato) che viene montato nello stesso modo descritto sopra, e serviva probabilmente a sistemare i capelli sotto l'elmo o a pettinarli.
Essendo questi oggetti prodotti in coppia, le decorazioni sono sempre in comune.


SAYA


Il fodero, come l'elsa, è formato da due parti incollate tra loro, anch'esse realizzate in legno di magnolia. Era quasi sempre pesantemente laccato, generalmente in nero o comunque con un colore molto scuro; anche le decorazioni mantenevano questo stile sobrio. Tuttavia era possibile trovare foderi laccati con colori molto accesi, generalmente quando i proprietari delle spade erano dei kabukimono (samurai eccentrici che amavano distinguersi dagli altri nell'abbigliamento e nel modo di comportarsi).
Particolari del fodero erano, oltre ai già citati spazi per custodire kozuka e kogai, il koiguchi (un anello ovale di rinforzo posto all'imboccatura del fodero, realizzato in metallo o in corno nero di bufalo) e il kurigata,una protuberanza posta sul fodero, attraverso la quale passava il sageo, una lunga striscia di corda che aveva molti usi (fissare il fodero alla cintura, legare un prigioniero, ecc?). Quando la spada non veniva usata, il sageo veniva annodato (seguendo una procedura ben precisa) attorno al kurigata e al fodero.






TIPOLOGIA DELLE LAME


Questo elenco non ha la pretesa di essere esaustivo, ma solo di dare una panoramica delle tipologie di lame più diffuse e di fungere da riferimento (unitamente alle tavole finali) per alcuni termini utilizzati nelle pagine precedenti.

Dal periodo Heian fino al primo Muromachi, le spade si portavano appese alla cintura in senso orizzontale con il taglio rivolto verso il basso. Queste lame erano chiamate Tachi ed avevano una forte curvatura. La loro lunghezza era solitamente compresa tra i 65 e i 70 centimetri (ma poteva essere anche maggiore).


NO- DACHI


Era una spada lunghissima e pesante, usata generalmente dai guerrieri a cavallo. La sua lunghezza superava del 25 % quella di una spada normale, e veniva portata a tracolla sulla schiena. Questa spada è diventata famosa per essere utilizzata dal celebre samurai Kojiro Sasaki, che pare riuscisse a tagliare le rondini in volo usando il no-dachi.

KATANA




Questo tipo di lama sostituì la tachi a metà del periodo Muromachi e divenne la spada più diffusa del paese. Lunga attorno ai 70 cm, la katana si portava infilata nello obi (la cintura) con il taglio rivolto verso l'alto.


CHISA- KATANA




Come dice il nome stesso, si trattava di katana più corta del normale, dalla lunghezza compresa tra i 55 ed i 59 centimetri.


WAKIZASHI




Spade di lunghezza compresa tra i 30.3 cm e i 59 centimetri vengono chiamate wakizashi e si portavano come la katana. Fino alla fine del periodo Edo, katana e wakizashi erano portate insieme e formavano il daisho, emblema dell'appartenenza alla casta samuraica.


TANTO




Si chiamano così tutti i pugnali usati dai samurai e in generale tutte le lame fino a 30.3 centimetri.


KAIKEN




Piccolo pugnale di circa 13 centimetri, spesso finemente decorato ed utilizzato dalle donne.


YOROI- DOSHI


E' un pugnale particolarmente spesso e potente, con una lama di lunghezza compresa tra i 25 ed i 30 centimetri che veniva usato usata per penetrare le lamelle delle armature. Si portava infilata verticalmente nella cintura sulla schiena, ma anche sul fianco destro col filo verso l'alto. Veniva usata a distanza ravvicinatissima sui campi di battaglia, dove i samurai combattevano corpo a corpo con le armature indossate.


JITTE



Anche se non si tratta propriamente di una lama, veniva portata come tale. Era lunga circa 30 centimetri ed aveva sezione quadrata, esagonale o tonda; veniva usata per parare i colpi di spada e spezzarne la lama. Aveva praticamente lo stesso uso della "Mano Sinistra" utilizzata in occidente.
Durante il periodo Edo era il simbolo dei poliziotti e dei pubblici ufficiali del governo (metsuke) che lo usavano come distintivo.


CONCLUSIONE


E' ormai chiaro che la spada in Giappone non è mai stata considerata una semplice arma. Le spade più pregiate venivano personificate o addirittura deificate, una consuetudine ancora oggi in uso. Molte spade vennero proclamate kami (esseri soprannaturali, divinità), indicazione degli attributi divini e delle qualità supreme loro ascritte. La letteratura giapponese narra storie di spade magnifiche che, essendo kami, diedero alla luce altri kami; di spade che andavano e venivano da sole o che si avventuravano in mare; di spade che uscivano magicamente dal fodero e combattevano per il proprio padrone in caso di pericolo; che punivano la profanazione con la malattia o con la morte, o che curavano le infermità ed esaudivano le preghiere.
Mi è sembrato interessante concludere questo lavoro con un articolo di Dave Lowry, che con poche parole riesce perfettamente a dare un'idea dei numerosi volti che caratterizzano la spada giapponese.
"Per provare una spada forgiata dal maestro armaiolo Muramasa, un samurai posizionò il filo della lama rivolto verso la corrente di un ruscello. Una foglia trascinata a valle sfiorò la spada e, grazie alla sola forza della corrente, venne tagliata di netto. Questo genere di prova era considerata il test definitivo per stabilire la qualità di una spada, finchè qualcuno non pensò di sottoporvi una lama forgiata dal maestro di Muramasa, il grande Masamune. La spada di Masamune venne allora piantata nel ruscello e la corrente portò verso di essa un'altra foglia. A quel punto, miracolosamente, la rotta della foglia mutò. Essa galleggiò attorno al micidiale filo, riprendendo la sua corsa intatta, come se la spada di Masamune possedesse un benefico potere che andava al di là della sola capacità di portare distruzione".
La spada (ken), insieme al gioiello ed allo specchio, costituisce uno dei tre sacri tesori associati alla mitica creazione del Giappone. Ancora oggi in taluni casi la forgiatura di una spada avviene secondo un rituale mistico; l'armaiolo compie il suo lavoro indossando l'abito bianco simile a quello dei monaci shintoisti. Accompagnato dai suoi assistenti, equipaggiati con martelli dalla lunga impugnatura, recita canti mentre martella sull'incudine con un ritmo particolare e la barra d'acciaio riluce emettendo lapilli luminosi. Battuto ed arroventato, il metallo viene manipolato e ripiegato fino a formare migliaia di lamine. L'intero rituale si svolge di fronte d un altare scintoista e ad altri paramenti rituali che adornano la forgia, e prevede stadi di conoscenza sia rituale che tecnica noti soltanto al forgiatore. Il prodotto finale è un'arma che ispira una sorta di stupore mistico, come la lama di Masamune. Il ken esiste in una dimensione che sta tra il reale ed il fantastico.
Il kanji per ken ha un semplice radicale, due tratti che rappresentano la lunga lama della spada ed un altro componente che significa "una combinazione". Una combinazione di cosa? Forse del fuoco, della preghiera e della lavorazione del metallo, che producono la spada. Una combinazione del suo filo, duro ed acuminato come un rasoio di diamante, e del suo dorso pesante e flessibile, necessario per assorbire lo shock dell'impatto. La "combinazione" nel kanji può riferirsi all'incarnazione della spada quale oggetto di bellezza e di micidiale utilità, capace di recidere un uomo sotto ogni profilo. Oppure potrebbe essere una combinazione tra la realtà e la leggenda, le quali, come accade nella storia della prova del ken di Masamune e di Muramasa, caratterizzano la doppia natura della spada giapponese.
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