Enciclopedia della Cosmesi

Tutto quello che riguarda la rasatura al femminile

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Aldebaran
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Enciclopedia della Cosmesi

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Dizionario

1.Introduzione

1.Generalità

1.1 Definizione di Prodotti Cosmetici

1.2 Raggruppamento Sistematico

2.Funzioni Cosmetiche Maggiori

2.1.Funzione Igienica

2.1.1 Incidenza del sudiciume

2.1.2Meccanismo dell'azione Igienica

2.2.Funzione Eutrofica

2.2.1 Distinzione tra Cosmetico e Farmaco

2.2.2 Meccanismo dell'azione eutrofica

Meccanismo dell'assorbimento percutaneo

Fattori Modificanti l'Assorbimento Percutaneo

2.3 Funzione Estetica

2.3.1 Igiene ed Eutrofia in Rapporto all'Estetica

2.3.2 Esigenza Estetica come Moda e Armonia

Bibliografia

2.Cosmetici Cutanei

Capitolo 1

La pelle come sede di azioni cosmetiche

1.I Tipi di Pelle

2.Azioni Cosmetiche in Rapporto al Substrato Cutaneo

Bibliografia

Capitolo 2

Azione Detersiva e Cosmetici Detergenti

1.Aspetto Igienico della Detersione

2.Meccanismo d'azione della detersione

Secrezione delle Glandule Cutanee e dell'Apparato Glandulare degli Organi Genitali

Glandule Sudorifere

Glandule Sebacee

Glandule Parauretrali e Vestibolari

3.Detergenti

3.1.Struttura e Proprietà Generali

3.1.1 Saponi Classici

3.1.2 I Detersivi

3.2 Funzione Lavante e Micellizzazione

3.3Proprietà Colligative della Detersione

4.Saponi da Toeletta

4.1.Componenti Chimici dei Saponi

4.1.1 Corpi Grassi

4.1.2 Sostanze Saponificanti

4.2 Saponi Fondamentali

4.2.1 Saponi Pilati

4.2.2 Saponi Trasparenti

4.2.3 Saponi Galleggianti

4.2.4 Saponi in Pasta

4.2.5 Saponi Liquidi

4.4. Additivi per il Sapone

Effetti Dermici dei Saponi

5.Tensidi Cosmetici Cutanei

5.1 Struttura dei Tensidi[/b]

5.2 Azione Antibatterica dei Tensidi

5.3 Tossicologia dei Tensidi

5.4 Forme Cosmetiche di Tensili Cutanei

5.4.1 Bagnoschiuma

Saponette Sintetiche

5.4.3 Solventi Detersivi

Bibliografia

Capitolo 3

Azione Tonificante e Cosmetici Tonificanti

1.Attività del Veicolo sull'Incremento dell'Assorbimento Percutaneo dei Prodotti Idorsolubili

2.Idaratazione Superficiale

3.Idratazione Profonda

5.Umettanti

5.1 Umettamento e Igroscopicità

5.2Umettanti nei Cosmetici

6.Idrocolloidi

6.1.Struttura e Proprietà degli Idrocolloidi

6.2.Mucillagini

6.3.6.3 Eccipienti Colloidali

7. Cosmetici Tonificanti

7.1 Acque Cosmetiche

7.1.1.Idroliti

7.1.2 Idrolato

7.1.3.Acque Coobate

7.1.4.Infusi e Decotti

7.2.Frizioni Alcoliche

7.2.1.Alcolati

7.2.2 Alcoliti

7.3.Lozioni

7.4.Maschere

Bibliografia

Capitolo 4

Azione Emolliente e Cosmetici Emollienti

Si designano col nome di emollienti gli eccipienti grassi nelle forme di:
1)una fase lipidica
2)una fase lipidica+prodotti liposolubili
3)una fase lipidica+una fase acquosa
4)una fase lipidica+una fase acquosa+prodotti lipo-e idrosolubili

1.Lipidi e Emollienza

2.Assorbimento Percutaneo dei Prodotti Liposolubili

3.Effetti Collaterali degli Eccipienti Grassi

3.1.Azione Protettiva

Effetto Acantogeno

4.Dermotropia degli Strati Lipidici

4.1.Idrofilia dei Lipidi

4.2.Coefficente di Diffusione dei Lipidi

4.3.Potere Solvente dei Lipidi

Potere Lubrificante dei Lipidi

5.Cosmetici Emollienti Anidri

5.1.Oleoliti

Bibliografia

Capitolo 5

Azione Coprente, Polveri e Sospensioni

Capitolo 6

Deodoranti e Antisudoriferi
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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I cosmetici rappresentano una categoria di prodotti di largo consumo e di ampia diffusione; si tratta di prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana ed il cui impiego è legato a comportamenti abituali di cui non possiamo immaginare di fare a meno. Pensiamo solo per un istante a quando ci laviamo le mani, i capelli, facciamo la doccia… stiamo usando dei prodotti cosmetici la cui produzione e commercializzazione è sottoposta a delle regole specifiche.

Per prodotti cosmetici si intendono “le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”.

In Italia la produzione e la vendita di prodotti cosmetici è disciplinata dalla Legge 11 ottobre 1986, n. 713. La legge ha recepito la direttiva comunitaria 76/768/CEE, emanata al fine di rendere uniforme a livello europeo la disciplina relativa alla produzione e alla vendita dei cosmetici.

La legge 713/86 disciplina, in particolare, gli aspetti relativi alla composizione dei prodotti cosmetici; alla presentazione (intendendosi per presentazione l’etichettatura, il confezionamento ed ogni altra forma di rappresentazione esterna del prodotto) e agli adempimenti necessari per avviare la produzione e la vendita o procedere all’importazione di prodotti cosmetici.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Il raggruppamento sistematico dei cosmetici, in base alla zona anatomica di applicazione, comprende:
1.Cosmetici cutanei

2.Cosmetici delle produzioni cutanee(per la pelle, ecc).

3.Cosmetici del vestibolo e cavità orale.

4.Cosmetici degli occhi (palpebre, ciglia, sopracciglia,zona perioculare).
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Dall'ambiente in cui vive, l'uomo contrae di continuo isudiciamento, dovuto al depositarsi di particelle estranee sulla superficie del corpo, che, impregnandosi con l'emuntorio corporeo fisiologico, costituisce un pabulum adatto per l'annidamento e la proliferazione di microrganismi e di insetti parassiti.il sudiciume ostacola la attuazione delle normali funzioni cutanee, è entrinsecamente antiestetico, puo' essere causa di eventi patologici.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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L'igiene ha una grande importanza nel mantenimento della salute della pelle e della bellezza. L'ambiente in cui viviamo è una continua "minaccia" per il nostro mantello cutaneo: inquinamento, polvere, agenti atmosferici uniti alle sostanze che vengono prodotte dall'organismo (sudore, sebo, microdesquamazione cutanea, metaboliti) sono causa di impurità.
Queste impurità costituiscono anche il terreno ideale per lo sviluppo di microrganismi patogeni e inoltre possono impedire le normali funzioni cutanee. La funzione igienica ha quindi lo scopo di eliminare lo sporco dalla superfie epidermica rispettandone possibilmente le caratteristiche fisiologiche.
Il "bagno locale" o "generale" ha da sempre costituito l'operazione principale nella pratica igienica e della cosmesi.
All'acqua vengono associati prodotti della cosmesi che possono facilitare la pulizia del viso e del corpo: per la pelle abbiamo i saponi, i syndet, le creme e i latti detergenti; per i capelli gli shampoo; per la cavità orale i dentifrici e così via.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Li usiamo ogni giorno, più volte al giorno. Solo la mattina prima di uscire da casa, ne utilizziamo almeno 5-6 tipi diversi e durante la giornata arriviamo a impiegarne più di 10. Basta fare il conto: dentifricio, sapone, deodorante, crema viso, prodotti per il trucco, schiuma da barba, crema corpo. E l’elenco potrebbe continuare.

Stiamo parlando dei cosmetici, prodotti ormai diventati indispensabili per il nostro benessere e la cura del nostro corpo. Aiutano, infatti, a sentirci bene e a nostro agio con noi stessi e con gli altri, a ogni età e in ogni condizione (basti pensare allo shampoo, al detergente e perché no, al deodorante). O sono preziosi alleati della nostra salute come nel caso dei dentifrici e dei prodotti solari.

Ma cosa sono esattamente e quale funzione svolgono? Quali prodotti sono considerati “cosmetici”? Perché i filler o i tatuaggi non possono essere considerati tali? Cerchiamo allora di fare chiarezza.








Definizione corretta




Secondo la legge, i prodotti cosmetici sono “le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate a essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”. Ma che cosa significa nella pratica tutto questo? Essenzialmente la legge chiarisce tre elementi fondamentali:




1. Che cosa sono e che cosa non sono i cosmetici

Ai fini della legge i cosmetici sono sostanze o preparazioni: dunque, non possono essere degli oggetti o altre cose. Questo significa che orecchini, piercing, unghie finte, brillantini da applicare su denti o unghie, extension per capelli e così via non possono essere considerati dei cosmetici.




2. La loro sede di applicazione


La legge dice chiaramente che i cosmetici vanno applicati sulle superfici esterne del corpo, sui denti o sulle mucose della bocca: dunque, i prodotti che hanno altre destinazioni, come gli spray da nebulizzare nel naso oppure i prodotti che vengono iniettati sotto cute, come i filler, non sono cosmetici.




3. La loro funzione


I cosmetici hanno lo scopo, esclusivo o principale, di pulire, profumare, modificare l’aspetto, correggere gli odori, proteggere, mantenere in buono stato la superficie del corpo, i denti o la mucosa su cui sono applicati: dunque, i prodotti che hanno altri scopi principali, per esempio curare o prevenire le malattie, non possono rientrare nella categoria dei cosmetici.




Non sono né farmaci né dispositivi medici




Perché è importante distinguere i cosmetici dai farmaci e dai dispositivi medici? Perché si tratta di prodotti con funzioni diverse che rispondono quindi a necessità e aspettative del consumatore differenti. Per questo è utile chiarire che si tratta di tre diverse tipologie di prodotto, ben distinte fra loro, a partire dalle disposizioni di legge.
■Il farmaco è qualsiasi sostanza o associazione di sostanze che ha la capacità di curare o prevenire le malattie. Il suo scopo principale è di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, attraverso un’azione farmacologica. Il farmaco, inoltre, ha azione preventiva e profilattica (si pensi ai vaccini).
■Il dispositivo medico, invece, è qualsiasi strumento, impianto o sostanza, impiegato a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia o di un problema. A differenza del farmaco, non ha attività farmacologica.
■Né per il farmaco né per il dispositivo medico esistono delle limitazioni in merito alla sede di applicazione e alla forma di somministrazione.

Le principali differenze



■Il cosmetico si differenzia dai primi due perché può essere applicato esclusivamente sulle superfici esterne del corpo, sui denti o sulle mucose della bocca e degli organi genitali esterni;
■non può intervenite direttamente sulle malattie, ma si limita a mantenere in buono stato, proteggere, pulire, profumare e modificare l’aspetto delle zone su cui è applicato;
■non ha azione farmacologica;
■non può avere come azione principale quella preventiva di una malattia. Tuttavia, aiuta a proteggere e mantenere in buono stato le zone in cui è applicato: in questo senso può anche aiutare a prevenire possibili patologie.

Qualche esempio




Per capire meglio la distinzione fra le tre diverse tipologie di prodotto, facciamo degli esempi concreti.



■Pensiamo a una crema idratante: non può essere considerata un farmaco o un dispositivo medico perché non ha attività farmacologica, non cura né previene una malattia. È, invece, un cosmetico, che mantiene in buono stato la pelle, prevenendo in questo modo le screpolature, la disidratazione, gli arrossamenti dovuti agli agenti atmosferici esterni.
■Anche il dentifricio rientra nella categoria dei cosmetici perché viene applicato sui denti ed entra in contatto con le mucose della bocca. Aiuta a mantenere in buono stato le zone su cui viene applicato, contribuendo a mantenere una corretta igiene orale e, di conseguenza, ha come azione secondaria (non principale) la prevenzione di possibili malattie dei denti e della bocca, come carie e gengiviti.
■Lo stesso discorso può essere fatto per i prodotti solari: questi cosmetici proteggono la pelle dall’esposizione al sole, contribuendo così alla prevenzione delle scottature.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Eutrofia è una parola che deriva dal greco e significa buon (eu) nutrimento (trophos). La funzione eutrofica si può quindi definire come la proprietà posseduta da svariati prodotti della cosmesi di mantenere lo stato dei tessuti, sui quali vengono applicati, nelle migliori condizioni. Questa funzione si distingue da quella del farmaco, che invece agisce su una superficie non sana per guarirla. Il cosmetico con funzione eutrofica sono in sostanza dei prodotti che mantengono il corretto trofismo cutaneo apportando sostanze (sintetiche o naturali) che svolgono un'azione di supporto ai normali eventi fisiologici che si verificano in una pelle sana. Il numero delle sostanze a funzionalità eutrofica oggi conosciuto è enorme. Si parlerà pertanto di sostanze "restitutive", "isodermiche" e "istofile", come le proteine, i grassi, le vitamine, gli oli essenziali, i fanghi termali e numerosissimi derivati vegetali.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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L’assorbimento percutaneo di una preparazione topica coinvolge la sua diffusione, usualmente dal veicolo, nella biofase cioè la cute e comprende l’intero processo che conduce una sostanza applicata sull’epidermide alla sua diffusione attraverso gli strati superficiali della cute fino al raggiungimento della barriera dermo-epidermica. I farmaci topici dermatologici- devono essere formulati in modo da attraversare lo strato corneo, l’epidermide e raggiungere il derma papillare, ma non il derma reticolare e l’ipoderma. L’eventuale effetto sistemico dovuto alla presenza in circolo del principio attivo, non è generalmente ricercato e, anzi, è spesso considerato un effetto indesiderato. Se per i farmaci sistemici si conoscono bene i processi di distribuzione , metabolismo ed escrezione , poco note invece, sono le fasi dell’assorbimento percutaneo dei farmaci per uso topico , essendo questo un processo estremamente complesso, in cui numerosi fattori influenzano l’assorbimento per cutaneo, da quelli biologici a quelli biofarmaceutici e chimico-fisici. La principale funzione di “barriera” della cute risiede quasi interamente nello strato corneo. Questo ultimo è rappresentato da una sottile e compatta membrana , costituita da un complesso cheratina-fosfolipidi e da cellule morte, che si oppongono alla penetrazione di sostanze chimiche. La bassissima permeabilità del corneo a sostanze idrosolubili è legata alla matrice extracellulare lipidica costituita da ceramidi, colesterolo, acidi grassi a catena lunga in definito rapporto molare, critico e funzionale alla integrità della barriera. Le sostanze possono attraversare il corneo per via intercellulare , transcellulare, attraverso l’apparato pilosebaceo e le ghiandole eccrine. In termini temporali, la prima via d'accesso è attraverso i follicoli piliferi; per alcuni farmaci, come gli steroidi, questa può addirittura essere l’unica via. Ai fini dell’assorbimento per cutaneo l’opportunità di modificare la permeabilità di barriera è di grande interesse. La riduzione della funzione di barriera consente di incrementare l’efficacia terapeutica delle formulazioni dermatologiche attraverso l’ottenimento di un significativo aumento del grado di assorbimento cutaneo. Per aumentare la diffusione percutanea è possibile utilizzare dei promotori dell’assorbimento, i cosiddetti “enhancers”, ovvero agenti in grado di ridurre l’efficienza della barriera dello strato corneo con meccanismi diversi, chimici o fisici. Gli enhancers chimici: a) incrementano la diffusibilità della sostanza all’interno della barriera, b) ne aumentano la solubilità nel veicolo, c) migliorano il coefficiente di partizione. Inoltre, vi sono sistemi capaci di interferire con la biosintesi di alcuni lipidi che alterano la struttura della barriera incrementano la penetrazione. Di grande interesse sono i meccanismi fisici come, la iontoforesi, l’elettroporazione e gli ultrasuoni (ionoforesi), che aumentano la penetrazione transdermica. La iontoforesi incrementa la penetrazione di sostanze ionizzate mediante un campo elettrico, ma risulta indicata per brevi applicazioni e dovrà essere migliorata probabilmente da studi futuri. La elettroporazione utilizza correnti di bassa intensità fornite da un elettrodo della stessa carica della polarità netta del farmaco creando nuovi percorsi. La sonoforesi produce alterazioni nella struttura del corneo, e permeabilizzazione. Le frequenze utilizzabili in Dermatologia sono comprese tra i 20 e i 25 KHz. Restano ancora da valutare con attenzione l’efficacia sul trasporto intradermico della crioelettroforesi e della idroelettroforesi. Negli ultimi anni la ricerca dermocosmetica è impegnata nello sviluppo di nuove tecnologie formulative sempre più avanzate e sofisticate che migliorino l’assorbimento e contemporaneamente minimizzino i potenziali effetti collaterali delle sostanze applicate sulla cute. Queste tecnologie possono essere suddivise in tre tipi: vescicolari (liposomi e niosomi), molecolari ( ciclodestrine) , e particellari (microcapsule e matrici particellari) e sono basate su tre diversi sistemi: chiusi, aperti e sistemi di riserva. I sistemi chiusi consistono in una totale incapsulazione in cui il principio attivo è chiuso e intrappolato in un guscio o muro continuo; a questa categoria appartengono liposomi, ciclodestrine, microcapsule , submicrocapsules / microsfere, nanosfere. I sistemi aperti non hanno un guscio continuo, ma la fase interna e esterna sono in contatto attraverso piccoli canali presenti nella matrice. Sia i sistemi chiusi che quelli aperti contengono sostanze solide, che legano il loro componente idrofilo o liofilo. Il terzo sistema polymeric reservoir , non è un solido, ma un reservoir polimerico basato su un meccanismo di ripartizione. I vantaggi dell’utilizzo di un veicolo appropriato possono essere vari: aumento della stabilità e del rilascio graduale del principio attivo; prevenzione dell’incompatibilità tra diversi ingredienti di una stessa preparazione; prevenzione di fenomeni irritativi legati al contatto diretto tra la cute ed il principio funzionale o all’assorbimento sistemico del principio stesso. Gli studi stanno proseguendo nell’ambito dello sviluppo di formulazioni dermocosmetiche contenenti sistemi colloidali e nella verifica della loro efficacia mediante l’utilizzo di tecniche diagnostiche non invasive
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Funzioni cosmetiche maggiori

La cosmetologia è la scienza che ha per oggetto lo studio dei prodotti cosmetici, sostanze e preparazioni destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano, sugli occhi, sui denti e sulle mucose della bocca. Su tali zone i cosmetici tendono alle finalità igienica, eutrofica, estetica.


Funzione igienica

L’igiene, studiando ed applicando i mezzi che servono a conservare la salute dell’individuo, ha una grande importanza nel mantenimento della bellezza.

L’uomo contrae dall’ambiente in cui vive un continuo insudiciamento dovuto alle particelle esterne che si mescolano alle sostanze che vengono prodotte dall’organismo ed eliminate attraverso la pelle.

Questa sporcizia costituisce il terreno ideale per lo sviluppo di microrganismi e di insetti e parassiti, ed inoltre impedisce le normali funzioni cutanee.

La funzione igienica ha quindi lo scopo di allontanare il sudiciume dalla superficie corporea, rispettando le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche.

Il bagno locale e generale ha da sempre costituito l’operazione essenziale nella pratica cosmetica ed igienica.

All’acqua vengono associati dei mezzi cosmetici che favoriscono l’operazione di pulizia: saponi, creme e latti detergenti, shampoo, dentifrici. I cosmetici per l’igiene agiscono anche per via biologica quali fungi statici, batteriostatici, antibatterici in concentrazione tale da limitare la crescita della flora batterica, normalmente presente sulla pelle.

Vi sono infine cosmetici la cui funzione igienica è svolta dai componenti profumanti, che hanno azione repellente verso gli insetti.

L’azione disinfettante e batterica è invece di pertinenza dei farmaci.



Funzione eutrofica

Si definisce funzione eutrofica la proprietà, posseduta da diversi cosmetici, di mantenere lo stato dei tessuti sui quali vengono applicati nelle migliori condizioni anatomiche e funzionali.

Questa funzione distingue il farmaco, che agisce su una superficie non sana per ristabilire l’equilibrio, dal prodotto cosmetico, che deve agire su una pelle sana o con lievi imperfezioni per migliorare l’aspetto e la funzionalità.

Il cosmetico può esplicare tale funzione impiegando principi attivi che non abbiano effetto generale.

L’azione cumulativa può dare tuttavia fenomeni di natura allergica.




Funzione estetica

Le precedenti funzioni, riparare lievi difetti cutanei e correggere il substrato odorifero, si concretizzano nella funzione estetica.

I cosmetici per l’estetica devono essere applicati armoniosamente in modo tale da esaltare la personalità, i sensi della vista e dell’olfatto.



Bellezza ed igiene sono mezzi per evidenziare una personalità, seppure esteriore, ma che si riflette sui rapporti sociali dell’individuo.
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In ogni epoca e societa' c’è sempre stato un ruolo per il consulente di bellezza, che oggi è proprio dell’estetista

La bellezza, intesa come cura del proprio corpo e ammirazione per il bell’aspetto altrui, nasce con l’uomo evolvendosi con lui nel corso dei secoli, riflettendo in maniera fedele ed emblematica ogni epoca e societa'. Diversi ritrovamenti di tombe e costruzioni funerarie comprovano l’uso di monili per adornare il corpo dei defunti, il che testimonia un’esistenza di canoni estetici gia' in epoca antichissima. Esistono documenti che provano scambi commerciali, fra gli Egizi e l’Oriente, di oli essenziali, unguenti e profumi gia' nel 3.500 a.C. Questi prodotti venivano utilizzati per massaggiare e profumare il corpo, prevenire la sudorazione e curare antiestetiche scottature e macchie della pelle. Sia le donne che gli uomini facevano largo uso di malachite e galena per pitturare gli occhi e il viso, e di oli e unguenti per detergere il corpo e ammorbidire il viso e le mani. La maggior parte dei cosmetici erano prodotti in casa ma le materie prime venivano vendute nei negozi ed erano commerciate con gli Assiri, Babilonesi, Persiani e Cretesi. Successivamente, nella Grecia classica, il concetto di bellezza assume toni molto piu' intensi e delineati. Gli scrittori esaltano i corpi statuari degli dei e degli eroi, descrivendone le fattezze perfette durante le battaglie. Ninfe, dee e splendide fanciulle dai volti delicati e dalle movenze armoniose, popolano gli scritti classici appassionando il lettore con intricate vicende sentimentali. La testimonianza piu' evidente dell’importanza del concetto del bello di questa epoca viene dalle opere scultorie. Le statue ritraggono atleti dal fisico perfetto e incantevoli divinita' femminili. Cio' dimostra quanta importanza avesse per gli artisti l’armonia delle proporzioni. Nel campo cosmetico il desiderio di abbellimento si esprime con un uso abbastanza diffuso dal IV secolo a.C. di piombo bianco, vermiglio e sostanze vegetali per il make-up e di oli profumati per idratare la pelle. Questa profonda concezione estetica del bello fu assimilata in seguito anche dai Romani, che, prima della conquista della Grecia, non avevano una grande tradizione in tal senso. Durante l’Impero, si diffuse il culto del corpo attraverso sport, igiene e cosmesi. Fiorirono le arti della pittura e della scultura che ritraevano il corpo umano nella sua forma piu' splendente e proliferarono nuove mode su acconciature, abbigliamento e gioielli. I Romani amavano il trucco, usavano il carbone per gli occhi, il fucus per le guance e le labbra, la farina d’orzo e il burro per i brufoli e la pietra pomice per sbiancare i denti. Il Cristianesimo, nuova religione intrisa di valori spirituali condanna l’esaltazione del corpo e qualsiasi forma di vanita' estetica. Questa controtendenza raggiunge il suo apice nel Medioevo con le invasioni barbariche. I conquistatori nordici avevano in scarsissima considerazione qualsiasi canone estetico e igienico e la loro mancanza di cura per il corpo si estese pian piano a tutta la popolazione. Per ritrovare qualche flebile segnale di gradevolezza fisica bisogna attendere il periodo feudale, quando dai castelli franco-provenzali si emanano nuovi modelli di bellezza femminile e i cantastorie di corte narrano di affascinanti castellane. In questo periodo si afferma il concetto della “donna angelo”, delicata, bionda, eterea. Nonostante il Cristianesimo continui a condannare queste espressioni, la passione per l’estetica ricomincia lentamente a contagiare l’universo femminile e, di riflesso, ad appassionare quello maschile. Nel Rinascimento si assiste al trionfo della bellezza come cultura e come ideale. C’è un ritorno agli schemi classici del bello anche nelle arti figurative. I grandi artisti rinascimentali, come Michelangelo e Raffaello, ritraggono modelli dai volti intensi e dai corpi sensuali. Si diffondono nuovi modi di vestire, lussuosi ed eleganti e si intensificano gli scambi commerciali con l’Oriente di sete, gemme e cosmetici rari. L’Italia, con la corte dei Medici, fa da maestra nell’uso di cosmetici per profumare e decorare il corpo prima alla Francia e poi all’Inghilterra. Latte di mandorla, limone e miele vengono utilizzati per proteggere e sbiancare le mani, olio di rosmarino, camomilla e timo per aiutare i capelli a crescere grossi e luminosi. Nel ‘600 e nel ‘700 il concetto di bellezza assume toni eccessivi, quasi deliranti. La corte del Re di Francia, emulata da tutte le corti europee, pullula di uomini e donne dai volti nascosti da uno spesso strato di belletto e dal capo ricoperto di parrucche inverosimili. Anche gli abiti sono di un lusso sfrenato. Tale maniacale ricerca della bellezza rifletteva la superficialita' dell’epoca e la totale mancanza di interesse nei confronti delle esigenze del popolo che imperversava nella poverta'. La Rivoluzione del 1789 apporto' grandi cambiamenti non solo sociali ma anche estetici. La nascita dei nouveaux riches dai modi molto pratici, mise al bando belletti e parrucche e diffuse modelli di vita piu' sobri. Accantonati gli eccessi, si afferma un nuovo ideale di bello, piu' romantico e tormentato. Anche gli artisti, che riflettono il concetto di bellezza dell’epoca in cui vivono, si distaccano dalle figure nobili di principi e principesse per andare a ritratte la bellezza semplice di umili fanciulle del popolo. Piu' tardi l’avvento della Rivoluzione Industriale, porta a un notevole sviluppo della chimica e di conseguenza alla produzione industriale di cosmetici. Nel 1828 Guerlain introduce le prime pomate per labbra, nuovi oli essenziali vengono utilizzati per profumare capelli e nuovi distintivi aromi vengono creati dai profumieri e introdotti sul mercato. Il ‘900 è il secolo della grande svolta. Vengono fondate le prime industrie cosmetiche non solo a Parigi ma anche in altre citta' d’Europa e America. Nel 1901 nasce la Gillette Company e nel 1907 Helena Rubistein si trasferisce dall’Australia a Londra e apre il primo salone di bellezza. Nel 1910 Elisabeth Arden inizia la sua attivita' in America. I due conflitti mondiali portano grandi sconvolgimenti nella societa', ma ormai il concetto di bellezza è affermato e consolidato in ogni classe sociale. Anche la piu' povera ragazza di campagna sbircia le attrici sulle riviste distribuite dai soldati americani e cerca di imitarne l’acconciatura e il trucco con i pochi mezzi a sua disposizione. Nel dopoguerra sono prima il cinema e poi la televisione a dettare i canoni estetici piu' seguiti. Le donne si ispirano alle dive fatali o alle dolci fidanzatine e anche gli uomini cominciano a curare il proprio aspetto cercando di somigliare agli attori virili e prestanti proposti dallo schermo. Oggi, a distanza di piu' di mezzo secolo, sono ancora cinema, televisione e, in piu', il mondo della moda a diffondere modelli estetici. La bellezza è diventata molto piu' che una parte della vita di ogni donna e uomo. È piuttosto una vera industria, una cultura e in certi casi, un culto con i suoi lati negativi. Sappiamo quanto la ricerca ossessiva della bellezza, della forma fisica, della giovinezza nonostante il passare degli anni mietano vittime dal punto di vista fisico e psicologico. Basti pensare a patologie quali anoressia, bulimia, depressione, ecc. Il desiderio sfrenato di emulare i modelli proposti dai mass media conduce spesso alla cattiva convivenza con il proprio corpo. Sulla scia di questi fenomeni, diverse associazioni, case di moda e aziende si sono mosse per lanciare un messaggio alternativo ai consumatori, per contribuire a sfatare la tipica concezione di bellezza, privilegio di pochi e ideale irraggiungibile di troppi. Ma l’azione dell’altro fronte, quello inarrestabile della pubblicita', delle modelle magrissime, delle attrici sempre giovani e delle rockstar muscolose, continua a dominare nell’immaginario di molti uomini e donne. La sfida della bellezza, oggi, è quella di affermare la propria essenza piu' autentica a dispetto di tutte le esasperazioni causa di disagio e malessere. Di non lasciarsi influenzare dalla pubblicita' ingannevole e non veritiera ma di cercare soluzioni personalizzate, adatte al singolo, che tengano conto delle caratteristiche di base, costituzionali, e delle reali possibilita' di raggiungere risultati fattibili, senza sognare miracoli che possono solo generare frustrazione. È per questo motivo che la missione professionale di ogni operatore nel campo dell’estetica e dell’immagine dovrebbe essere quella di diffondere un concetto di bellezza sano ed equilibrato. Puntare all’abbellimento in modo consapevole, educando al concetto di armonia, di igiene e di cura. Potenziare un volto attraverso un make-up sapiente e ben fatto che illumini i punti di forza e le regolarita', nascondendo i piccoli difetti cutanei, puo' di certo valorizzare l’estetica quanto il perdere i chili per chi è in soprappeso. L’avere un fisico asciutto puo' essere relativamente importante se l’aspetto esteriore non è sufficientemente ottimizzato trasmettendo un’immagine di armonia, cura, igiene. In pratica, il ruolo dell’estetica dovrebbe essere quello di contribuire al benessere interiore ed esteriore di una persona, aiutandola a scoprire in se' una bellezza sana e intelligente, e a renderla resistente agli attacchi del tempo. Per questo le doti comunicazionali devono essere ben spiccate nell’operatore estetico cosi' come la capacita' di “comprendere” le esigenze, i desideri, le frustrazioni del cliente, coniugando competenza e psicologia per trovare le soluzioni piu' adatte e operare le scelte piu' giuste al raggiungimento di risultanti efficienti e duraturi. Operando con professionalita', e predisponendosi all’ascolto e al trasferimento delle proprie competenze con chiarezza, illustrando i rimedi, le cure e i traguardi raggiungibili, l’estetista riesce a stabilire con il cliente un clima di rilassata collaborazione per il raggiungimento di un obiettivo comune. Questo aiuta a rafforzare le potenzialita' stesse dei trattamenti perche' dona sicurezza al cliente che sara' ben disposto a sottoporsi alle sedute estetiche con rinnovata fiducia. Non va dimenticato che quella dell’estetista è una professione in costante evoluzione, che necessita di aggiornamenti continui. La ricerca in questo campo procede rapidamente e un buon operatore estetico deve sempre essere informato su ritrovati e trattamenti di ultima generazione, senza ovviamente lasciarsi fuorviare dalla pubblicita', dai messaggi commerciali ingannevoli che piu' che vendere l’efficacia reale di un prodotto, vendono improbabili prodigi. Alla luce di quanto detto appare chiaro che il ruolo del consulente di bellezza ha radici profonde e radicate nel tessuto della societa'. È un ruolo antichissimo, ma sempre molto moderno, che richiede grande senso di responsabilita' e allo stesso tempo viene ricompensato con impagabili soddisfazioni.
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Le creme che troviamo nei supermercati a volte sono differenti da quelle che troviamo in Farmacia, non solo perché variano nel prezzo ma soprattutto nella composizione e nella funzione. Beninteso che in certi casi la formulazione base di una crema può essere la medesima, sia che abbia una pura funzione cosmetica sia che abbia una funzione terapeutica, generalmente la composizione cambia profondamente, nelle percentuali di sostanze biologicamente e biochimicamente attive per la pelle. Una crema cosmetica ha unicamente la funzione di far apparire la pelle in uno stato migliore di quello precedente, semplicemente coprendo l'imperfezione (piccole rughette, punti neri etc.); l'azione è estemporanea. Allo strucco, la pelle ritorna come era prima.
Una crema dermatologica, invece, è una vera e propria crema ad azione terapuetica, non si limita a coprire eventuali imperfezioni ma le molecole in essa contenute esplicano un'azione sia superficiale che profonda, quindi andando ad agire sulla dinamica enzimatica, ad esempio rilasciando sulla pelle sostanze attive, anche farmacologicamente, quali ad esempio la glucosamina (sia libera che acetilata), la quale va a stimolare la formazione di glicosaminoglicani, molecole che trattengono acqua. In questo modo l'idratazione è veramente efficace e profonda. Una crema dermatologica quindi contiene una o più sostanze che fanno parte del complesso biosistema della pelle, come le ceramidi, i delta-lattoni, il coenzima Q10, oligopeptidi come ad esempio il palmitoyl pentapeptide-5, che va a stimolare la divisione delle cellule staminali sottocutanee (come anche l'elastina idrolizzata) e quindi a formare nuove cellule della pelle. Stessa azione esplica il pantenolo (pro-vitamina B5), il collagene nativo, che va a formare l'impalcatura di sostegno della pelle, il sodium ascorbyl phosphate (estere della vitamina C), ad azione antiossidante, quindi sostanze che vanno a curare, a trattare terapeuticamente la pelle; la glucosamina o i delta-lattoni della Meadowfoam (erba schiuma dei prati americana), o la lecitina o i fosfolipidi non vengono asportati via da latte detergente al momento dello strucco serale ma rimangono nella pelle perchè si legano alle membrane recettoriali o rimangono nelle zone tra le cellule o vanno nell'ipoderma
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I TENSIOATTIVI


I tensioattivi, detti anche tensidi o surfactanti, sono tra le materie prime più importanti nella composizione di un cosmetico. Infatti si trovano nei latti detergenti, nei saponi, negli shampoo, nelle creme, nei balsami, nei disinfettanti non alcolici e in molti altri prodotti.

La loro principale azione è quella di abbassare in modo energico due forze fisi­che: la tensione superficiale e la tensione interfacciale. Questa proprietà permette un più intimo contatto tra sostanze non miscibili con l'acqua (per esempio oli, grassi e particelle di polvere), favorendo in tal modo i processi di emulsionamento e di detersione.

In base alla loro struttura chimica, i tensioattivi svolgono le seguenti azioni:

emulsionante

detergente

schiumogena

bagnante-umidificante

filmogena-sostantivante

disinfettante

solubilizzante.

Ciò spiega l'utilizzo non di uno, ma di miscele di tensioattivi: in uno shampoo cremoso, per esempio, potremo avere tensioattivi detergenti, schiumogeni ed emulsionanti. Spiegare il loro meccanismo d'azione significa comprendere come avvengono le più importanti azioni cosmetiche.

TENSIONE SUPERFICIALE - TENSIONE INTERFACCIALE

Bisogna innanzi tutto precisare che sulla superficie di ogni liquido esiste una tensione dovuta alle forze attrattive che le molecole poste all'interno del liquido esercitano su quelle superficiali e periferiche, tanto da sollecitare il liquido stes­so ad assumere la minore superficie possibile, come se fosse avvolto in una membrana elastica tesa; questa forza di superficie viene chiamata tensione superficiale.

Se invece versiamo un liquido in un altro nel quale non è miscelatale (per esempio l'acqua nell'olio), la suddetta tensione impedisce agli stessi di mescolarsi; in questo caso si parla di tensione interfacciale.

Mettendo dunque a contatto acqua e olio, non si potrà avere una dispersione spontanea, ma se agitiamo energicamente il sistema, in modo da vincere la tensione interfacciale, si otterrà un'emulsione in cui un liquido è finemente disperso nell'altro sotto forma di minuscole gocce. Terminata l'agitazione, però, si osserverà, in un tempo più o meno lungo, che le piccole gocce disperse tendono a ingrandirsi sino ad arrivare alla netta separazione delle due fasi.

In questo caso l'utilizzo di un tensioattivo emulsionante è in grado di stabilizzare l'emulsione.

PRINCIPALI AZIONI DEI TENSIOATTIVI

I tensioattivi agiscono, dunque, abbassando la tensione superficiale e interfacciale e rendendo possibili le seguenti azioni:

disperdere omogeneamente e stabilizzare le due fasi (acqua e olio: A e O):

azione emulsionante;

solubilizzare le sostanze grasse e allontanarle da una superficie: azione detergente;

formare schiuma attraverso la diminuzione della tensione superficiale tra un liquido e un gas (per esempio acqua e aria);

azione schiumogena;

far penetrare una soluzione nei minimi anfratti del mantello cutaneo;

azione bagnante;

fissarsi sui tessuti (capacità peculiare dei tensidi cationici) svolgendo azione filmogena e ammorbidente;

azione sostantivante;

solubilizzare i lipidi della membrana dei batteri (caricati negativamente), distruggendoli;

anche quest'azione è una caratteristica proprietà di alcuni tensioattivi cationici: azione battericida e batteriostatica;

solubilizzare nell'acqua corpi grassi come olio di ricino, vitamine liposolubili, olì essenziali e profumi;

azione solubilizzante.

MECCANISMO D'AZIONE
1) Azione emulsionante.

Le emulsioni possono essere di tipo olio in acqua (O/A o O/W in inglese), oppure acqua in olio (A/O). II liquido presente in quantità minore si disperde nell'altro, formando delle goccioline, e costituisce la cosiddetta fase "dispersa" o "discontinua", mentre la sostanza presente in quantità maggiore costituisce la fase "disperdente" o "continua". Per evitare la separazione delle due fasi interviene il tensioattivo che, essendo costituito da una parte idrofila chiamata "testa" e una parte lipofila chiamata "coda", svolge un'azione di stabilizzazione nei confronti dell'emulsione (vedi figura). Infatti la testa è solubile in acqua e nelle soluzioni acquose, mentre la coda è solubile nei liquidi oleosi e nei grassi. Il tensioattivo emulsionante si dispone con le teste e con le code rivolte verso le rispettive fasi: in tal modo consente la mescolanza dei due liquidi, abbassandone la tensione interfacciale.

Questa duplice affinità ha dato origine all'importante nozione dell'HLB, abbreviazione che sta per hydrophilic lipophilic balance (equilibrio lipofilo idrofilo). L'HLB è una scala convenzionale, da 0 a 20, che consente di scegliere l'emulsionante più adatto per ottenere un determinato tipo di emulsione.

Gli emulsionanti ad HLB basso sono preferibilmente lipofili, quindi trascinano in dispersione le goccioline d'acqua formando emulsioni A/O. Con HLB alto l'emulsionante sarà idrofilo e trascinerà le gocce di olio in acqua, originando emulsioni O/A.

2) Azione detergente.

L'acqua non è in grado di asportare il sudiciume grasso da una superficie; il ten­sioattivo, in particolare quello di tipo anionico (si veda la classificazione), si dispo­ne come da figura.

A poco a poco lo strato di grasso si stacca e viene completamente rivestito dalle teste idrofile del tensioattivo.

A questo punto lo strato di grasso diventa solubile in acqua e quindi facilmente asportabile con il risciacquo acquoso o con l'uso di un tonico.

La fondamentale differenza tra un tenside detergente e uno emulsionante consi­ste nella grande capacità del gruppo idrofilo del tensioattivo anionico (che assume carica negativa in soluzione acquosa) di staccare lo sporco (carico positivamente) da un substrato (per esempio dalla pelle).

3) Azione schiumogena.

La schiuma è dovuta all'agente tensioattivo presente nel prodotto che forma un'emulsione di aria in acqua; è quindi un sistema disperso costituito da bolle di gas in un liquido. La schiuma aiuta a disperdere le particelle di sporco, ne facilita l'asportazione e ne evita la riprecipitazione sulla superficie lavata. Il potere schiumogeno è direttamente proporzionale all'azione del tensioattivo del prodotto utilizzato.Per esempio: tanto più un sapone produce schiuma, tanto maggiore sarà la sua azione sulla tensione superficiale e, di conseguenza, tanto più marcato il suo potere sgrassante sulla pelle.Considerato il fatto che la schiuma è più un'esigenza di marketing che la vuole sempre abbinata all'idea di pulito, possiamo affermare che un buon detergente non deve necessariamente produrre schiuma, anzi, come si è visto, più schiuma significa maggiore aggressione detergente.

I mezzi detergenti attualmente usati, in particolare i tensioattivi denominati "alchilsolfati", spesso non si limitano ad asportare lo sporco.

Eliminano anche i lipidi presenti sulla superficie cutanea (sebo, NMF) e talvolta giungono a intaccare il "cemento" lipidico intercellulare dello strato corneo. Perciò quando si parla di prodotti detergenti e del fatto che possano procurare secchezza e desquamazioni, è necessario ricordare che il vero responsabile risulta essere il tensioattivo, più che un pH non perfettamente fisiologico.

E’ che il cosmetologo, il consumatore e il dispensatore di cosmetici devono saper valutare e preferire quei detergenti in grado di non depauperare eccessivamente il mantello idroacido-lipidico della cute.

4) Azione bagnante.

Quest'azione si manifesta con la penetrazione della soluzione nei minimi anfratti del mantello cutaneo, resa possibile dalla caduta della tensione superficiale. Tale proprietà consente, per esempio, di bagnare sporco e substrato; nel caso dei deter­genti cutanei il substrato è lo strato cheratinico. Oppure nella fabbricazione di alcu­ni prodotti quali fondo tinta e rossetti è necessario che i pigmenti impiegati debbano essere perfettamente "umettati" per rendere il cosmetico omogeneo e funzionale.

5) Azioni fìlmogene e sostantivanti.

Queste attività sono proprie dei tensidi cationici.La parte positiva di queste molecole si fissa sulle superfici elettricamente negative (spesso tali dopo una detersione), formando uno strato protettivo e ammorbidente sui tessuti. Se un tensioattivo con tali funzioni viene aggiunto nella fase del risciacquo, esso produce la sensazione del soffice.Vengono anche usati nei preparati per l'acconciatura del capello grazie alle proprietà ammorbidenti e condizionanti contro il cosiddetto fenomeno del fly away. ovvero quella caratteristica elettrostatica che si verifica dopo lo shampoo. L'azione in questo caso è antistatica.

6) Azione solubilizzante.

Le attuali esigenze di mercato chiedono ai cosmetici prestazioni e proprietà spe­ciali, come per esempio solubilizzare nell'acqua sostanze comunemente idrofobe quali la lanolina, le vitamine liposolubili, oli essenziali, alcuni coloranti, ecc. Gene­ralmente si utilizzano tensioattivi del tipo "non ionico".

Il termine "poliossietilenato", a volte presente nella formulazione di un prodotto, sta a indicare che una molecola è stata modificata nella sua struttura e viene appunto fissata con ossido di etilene. Tali prodotti, da considerarsi semi sintetici, diventano dispersibili nell'acqua o totalmente solubili.

SUDDIVISIONE ELETTROCHIMICA DEI TENSIDI
A seconda che la parte attiva della molecola sia carica elettronegativamente, elettropositivamente, con entrambe le cariche o senza carica elettrica, si distinguono i tensioattivi in:

Anionici -

Cationici +

Anfoteri - +

Non ionici

Anionici - La parte attiva della loro molecola ha carica elettrica negativa. I rappresentanti più importanti del gruppo sono i saponi, gli alcoli grassi sulfonati e prodotti affini. Hanno elevate qualità detersive, schiumogene ed emulsionanti.

Cationici - La parte attiva della molecola ha carica positiva. Sono general­mente derivati quaternari di ammonio, piridinio o chinolinio. Non adatti come detersivi, sono dotati di sostantività per i tessuti su cui tendono a fissarsi con un effetto ammorbidente. Quasi tutti hanno un grandissimo potere antisettico. Sono incompatibili coi tensidi anionici, inattivandosi a vicenda. Anfoteri - Hanno nella molecola una carica positiva e una negativa. Uniscono spesso proprietà degli anionici a quelle batteriostatiche dei cationici. Sono chiamati così perché si comportano da anionici se il pH dell'ambiente è alcalino (>7) e da cationici se è acido (pH<7). In genere sono detergenti delicati e ben tollerati.

Non ionici - Sono sprovvisti di carica elettrica. Nell'acqua la loro molecola non si dissocia non dividendosi in ioni, il che conferisce loro una maggior compatibilita con gli altri ingredienti.

TENSIOATTIVI NATURALI
In natura esistono sostanze tensioattive denominate saponine in quanto, misce­late con acqua, generano schiuma.Sono ben note le saponine della Saponaria e della Quillaia (legno di panama). Un'altra sostanza naturale con proprietà tensioattive è la lecitina.
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Un esempio pratico dell'attività dei tensioattivi è la rimozione del sudiciume presente sulla superficie cutanea. La pelle del nostro corpo funge da solido, e il sudiciume è la parte liquida che vi si deposita sopra. Il sudiciume sopra la nostra pelle va a formare una sorta di lente la cui forma è generata proprio dall'esistenza della tensione superficiale.
In questa situazione si hanno diverse forze di superficie:
•tra pelle e sudiciume = γ S/P;
•tra sudiciume e aria = γ S/A.
Se si mette a contatto l'acqua con il sudiciume, questa vi si deposita semplicemente sopra creando un'ulteriore tensione interfacciale rappresentata con γ Sudiciume/Acqua.
Inoltre, l'acqua viene a contatto con l'aria generando a sua volta una tensione di superficie aria/acqua.
Il tensioattivo migliora decisamente la capacità lavante dell'acqua, perché orientandosi con la testa polare verso l'acqua e la coda apolare verso il sudiciume ne favorisce rimozione. Il tensioattivo forma delle micelle che inglobano il sudiciume grazie all'affinità della loro parte lipidica con il grasso presente nello sporco. Grazie all'azione meccanica del lavaggio le micelle vengono allontanate insieme all'acqua.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Equazione della detersione

Vediamo come agisce il sapone nel rimuovere lo sporco dalla pelle.
Si consideri l'angolo teta (θ) formato dalla lente di sporco posizionata sulla pelle, che rappresenta la bagnabilità dei solidi rispetto ai liquidi.
Se questo angolo è minore di 90° la pelle è “bagnata” dal sudiciume, quindi lo sporco è strettamente adeso alla pelle.
Man mano che si esplica il fenomeno della detergenza, l'angolo teta (θ) aumenta fino ad arrivare ad un'ampiezza tra 90° e 180° gradi. Al termine dell'atto detergente, l'angolo θ è uguale a 180°, situazione in cui lo sporco è completamente staccato dalla pelle.
L'equazione della detersione spiega i rapporti esistenti tra le tensioni di superficie e l'angolo di bagnabilità.
Il coseno dell'angolo θ è uguale ad un rapporto: al numeratore si ha la γ Pelle/Detergente che sottrae la γ Pelle/Sporco. Al denominatore abbiamo la tensione superficiale tra Sporco/Water.
In altre parole, il coseno dell'angolo di contatto è uguale al rapporto che si crea tra la tensione detergente e pelle, meno la tensione pelle e sudiciume, e la tensione acqua - sudiciume.
Il coseno di θ è -1 quando l'angolo misura 180°. Se il coseno di θ misura -1 la tensione tra pelle e sudiciume è uguale a zero, perché il sudiciume si stacca.
Infine, la tensione tra pelle e detergente è uguale a - γ Sporco/Water.
Questi ultimi passaggi spiegano un concetto fondamentale: man mano che la detersione aumenta, la tensione tra pelle e detergente aumenta, mentre diminuisce la tensione superficiale tra sudiciume ed acqua.
http://www.my-personaltrainer.it/cosmet ... genti.html
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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L’acqua non lava in quanto, strano a dirsi, non bagna completamente tutti i corpi. Per averne la prova, ancorché parziale, si riempia di acqua un bicchiere e poi lo si svuoti, si osserverà che le sue pareti interne risultano in gran parte asciutte. Ciò dipende dalla grande tensione superficiale dell’acqua conseguenza, a sua volta, dei forti legami a idrogeno che legano fra loro le molecole che la costituiscono.

All’interno di una goccia d’acqua le forze attrattive fra le molecole operano in tutte le direzioni e quindi si bilanciano a vicenda; sulla superficie esterna invece ciò non accade e le forze attrattive sono sbilanciate verso l’interno: in questo modo esse tendono a ridurre al minimo l’area superficiale facendo assumere alla goccia la forma sferica. A causa di questa forte tensione superficiale l’acqua non si trova in intimo contatto con il sudiciume, che quindi non viene rimosso dal tessuto o dall’oggetto che si intende lavare.



1. L’AZIONE DETERGENTE DEI SAPONI

Si chiamano emulsionanti o tensioattivi le sostanze chimiche che provocano una diminuzione della tensione superficiale di un liquido o di un solido. I saponi sono degli ottimi tensioattivi per i grassi presenti nell’acqua in quanto posseggono la caratteristica di ridurre la tensione superficiale dell’acqua stessa e quindi aumentano il suo potere bagnante. Fanno inoltre da intermediario fra l’acqua e il sudiciume (per lo più costituito da grassi untuosi) e di conseguenza favoriscono il distacco di quest’ultimo dalle superfici da lavare, disperdendolo nell’acqua. Per operare in questo modo la molecola del sapone deve possedere una particolare struttura.

I saponi “classici” sono i sali di sodio (Na) di acidi grassi a lunga catena carboniosa come ad esempio è l’acido stearico (C17H35COOH), l’acido palmitico (C15H31COOH), l’acido oleico (C17H33COOH) ed altri acidi monocarbossilici a lunga catena, formata da un minimo di 12 a un massimo di 18 atomi di carbonio. I saponi molli, come i saponi da barba o gli shampoo, sono sali di potassio (K) degli stessi acidi organici. In acqua il sale si dissocia formando due ioni: quello negativo, l’anione, è una lunga catena di atomi di carbonio mentre, quello positivo, il catione, è lo ione sodio o potassio. Tali composti di solito vengono indicati in modo abbreviato, per esempio per lo stearato di sodio, con R–COONa che in acqua si dissocia in R–COO– e Na+ dove R sta per CH3–(CH2)16–.

L’azione dei saponi si basa sul famoso principio del “simile scioglie il simile”. Gli anioni presentano infatti un gruppo polare, alla fine di una lunga catena idrocarburica, detto “testa”, con proprietà idrofile (dal greco hydõr = acqua e phílos = amico), perchè resta a diretto contatto con le molecole, anch’esse polari, dell’acqua. Di contro la “coda”, non polare, è detta idrofoba (dal greco phóbos = paura), in quanto penetra negli aggregati multimolecolari non polari di grassi e di oli presenti sui tessuti o sugli oggetti che si intende lavare. Quindi, quando lo sporco è costituito da residui di varia natura (polveri, fuliggine, ecc.) rivestiti da un velo di sostanze grasse, le parti idrofobe delle molecole del sapone penetrano in questi ultimi mentre le parti idrofile si agganciano all’acqua. Il movimento meccanico favorisce la formazione di piccole micelle (cioè di aggregati multimolecolari di sudiciume) che, avviluppate da uno strato di molecole di tensioattivo rimangono disperse stabilmente nell’acqua. In altre parole le micelle possono essere considerate delle sferette con la superficie caricata negativamente le quali, respingendosi fra loro elettrostaticamente, rimangono disperse nel solvente acquoso da dove verranno allontanate con i risciacqui.

I saponi sono quindi in grado di ridurre la tensione interfacciale fra l’acqua e gli altri materiali, per esempio i tessuti, e di conseguenza migliorano l’umidificazione delle superfici solide. Secondariamente, grazie alla loro azione emulsionante, possono facilitare la rimozione delle particelle di grasso e ostacolarne la riaggregazione. Essi tuttavia non sono in condizione di svolgere la loro funzione detergente sia in acque dure, ossia in acque ricche di sali di calcio, ferro e magnesio, sia in quelle acide. Nel primo caso danno luogo a sali carbossilici che, essendo insolubili in acqua precipitano e quindi si depositano sul tessuto o sulla superficie da lavare (si pensi agli anelli di deposito nelle vasche da bagno); nel secondo caso, provenendo da acidi deboli, danno origine agli acidi grassi iniziali che risultano anch’essi insolubili in acqua.

Esempi:

2 C17H35COONa + Ca++ ® (C17H35COO)2Ca + 2 Na+

C17H35COONa + HCl ® C17H35COOH + NaCl

Un sistema per eliminare ad esempio gli ioni calcio dall’acqua, prima di usare il sapone, è quello di aggiungere all’acqua di lavaggio del carbonato di sodio, che fa precipitare il carbonato di calcio. Un altro modo, come vedremo meglio in seguito, consiste nell’aggiungere all’acqua ioni polifosfato.

Quando lo sporco è costituito da polvere il meccanismo di rimozione è più complicato. Le particelle di polvere attraggono infatti le parti idrofile del sapone in modo più forte dell’acqua e in tal modo esse vengono avviluppate da un doppio strato di molecole di sapone orientate fra loro in senso inverso. Una volta portate in sospensione vi permangono poi stabilmente così come avviene per le micelle di grasso.
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2. I DETERSIVI

Fino agli anni ’50 del secolo scorso, la pulizia personale e il bucato erano quasi interamente affidati a quelli che abbiamo chiamato “saponi classici”. Da quella data sono entrati nel mercato in misura sempre maggiore i cosiddetti “saponi sintetici”, ossia detergenti a base di prodotti petrolchimici la cui struttura molecolare è simile a quella dei saponi. Essi, parimenti ai saponi, sono quindi costituiti da una parte idrofoba composta da una catena alifatica (ossia dalla solita lunga catena di atomi di carbonio) o alifatica-aromatica (ossia la catena di atomi di carbonio con legato a sé un anello benzenico) e da una parte idrofila rappresentata da un gruppo solfonico (–SO3H) che sostituisce la funzione carbossilica –COOH dei saponi. Questo permette il lavaggio anche in acque dure perché il solforato di calcio o di magnesio è solubile in acqua, ragione per cui il detergente rimane in soluzione e non precipita. Sono stati pertanto prodotti i composti indicati come alchil-solfati o alchil–aril–solfonati, che costituiscono i principi attivi dei detergenti sintetici. Un tipico detergente sintetico, il dodecilbenzensolfonato, presenta la seguente formula chimica: C12H25–C6H5–SO3Na.

I detergenti sintetici, venduti in commercio con il nome di “detersivi”, hanno soppiantato i saponi che attualmente vengono prodotti esclusivamente come saponette da toeletta. Con il termine “detersivo” si intende quindi qualsiasi sostanza chimica sintetica che funga da sapone. Fanno parte integrante dei detersivi alcuni prodotti che svolgono funzioni complementari ma non trascurabili. Fra questi vi sono i polifosfati, di cui abbiamo già fatto cenno, i quali riducono la durezza dell’acqua agganciando i cationi ferro, calcio e magnesio in essa disciolti, disperdono le particelle di sudiciume e mantengono il desiderato ambiente alcalino. I silicati sodici che conservano il pH in ambiente basico, inibiscono la corrosione dei metalli e favoriscono il mantenimento in sospensione del sudiciume. Inoltre vi sono gli ossidanti costituiti dagli ipocloriti di sodio che completano l’azione lavante attaccando per ossidazione il sudiciume. A ciò si aggiungano le cariche, sostanze inerti, come ad esempio il solfato di sodio, che servono per abbassare il costo del prodotto finale. Vanno infine ricordati gli additivi cioè sostanze che svolgono varie funzioni come quella di deodorante, decolorante, profumante, inibitrice di corrosione e così via.

Le caratteristiche strutturali di questi prodotti sintetici sono tali da sostituire nella loro azione detersiva i saponi; anzi, rispetto a questi ultimi, offrono il vantaggio di non formare prodotti insolubili con gli ioni normalmente presenti nelle acque, quali soprattutto Ca++ e Mg++. Il loro impiego ha però causato un problema complesso per la nostra società in quanto questi prodotti, a differenza di ciò che avviene per i saponi, non vengono rapidamente demoliti dall’azione dei batteri naturali a causa della catena ramificata della loro molecola. Si ha di conseguenza un inquinamento dei corsi d’acqua in cui gli scarichi urbani vengono immessi, facilmente rilevabile dalla formazione di schiuma. L’industria chimica ha cercato di eliminare queste difficoltà sviluppando una serie di prodotti biodegradabili con catene lineari simili a quelle dei saponi classici che vengono quindi demoliti dall’azione batterica.

I detersivi sintetici anionici sono di gran lunga i più diffusi ma non sono gli unici. Vi sono anche i cationici, i non ionici e gli anfiolitici (o anfoteri).

I detersivi cationici sono costituiti da una lunga catena alifatica che come negli anionici costituisce la parte apolare lipofila la quale termina però con un gruppo polare idrofilo costituito da una funzione amminica recante una carica positiva. Questi detersivi sono diventati importanti quando poco prima dell’ultima guerra mondiale è stato scoperto che avevano proprietà battericide e oggi trovano infatti impiego in particolari usi come per esempio in lavanderie d’ospedale.

I detersivi non ionici sono molecole costituite da eteri o da esteri di polietilenglicoli in cui il gruppo liofilo è sempre una lunga catena idrocarburica, mentre la funzione idrofila è espletata da gruppi polari come ad esempio da un ossidrile. Essi hanno il vantaggio di produrre una schiuma poco voluminosa che li rende adatti par le macchine lavatrici. Questi prodotti dimostrano fra l’altro che non è l’abbondante schiuma a caratterizzare la bontà di un sapone.

Sono detersivi anfiolitici quelli in cui la parte idrofila della molecola ha contemporaneamente azione acida e basica per cui il detersivo si comporta da anione al di sopra di un certo valore del pH e da catione al di sotto di esso. La produzione di questi detersivi è molto limitata a causa del costo piuttosto elevato dei prodotti posti in commercio e sono particolarmente apprezzati in campo cosmetico.



3. LA PRODUZIONE DEL SAPONE

Il sapone è stata una delle prime sostanze chimiche ad essere prodotte a scopo commerciale. La sua scoperta forse è stata il risultato di un’osservazione casuale degli effetti detergenti ottenuti mescolando grasso e cenere di legno (una sostanza che contiene alcali, cioè composti di formula NaOH e KOH)).

Il metodo di preparazione impiegato per ottenere i saponi si basa sulla scissione alcalina dei trigliceridi, ossia degli esteri della glicerina con acidi monocarbossilici a lunga catena carboniosa di cui abbiamo già fatto alcuni esempi. Aggiungiamo ora che queste sostanze si trovano negli oli vegetali (di palma, di soia, di arachide, di oliva, di cotone, ecc.) e nei grassi animali (sego di bue, di montone, ecc.).

Le miscele di differenti gliceridi vengono poste in apposite caldaie scaldate a temperature intorno ai 170-180 °C, e sotto la pressione di 8-10 atmosfere, in presenza di soluzioni acquose di idrati alcalini (NaOH e KOH) e NH4OH. Terminata la saponificazione (ossia il processo di idrolisi) rivelata dalla scomparsa dei grumi di grassi e di oli si opera la cosiddetta salatura, che si ottiene aggiungendo del cloruro di sodio il quale rende insolubile il sapone che si è formato e lo fa affiorare in superficie separandolo dalla parte liquida sottostante ricca di glicerina e di altre impurezze. Mediante un rubinetto posto nella parte inferiore della caldaia si allontanano le acque ricche di glicerina la quale può essere usata per produrre la nitroglicerina, un esplosivo molto potente. (A questo proposito si ricorda che negli Stati Uniti, durante le due guerre mondiali, le massaie cercavano di risparmiare sull’ uso dei grassi e degli oli per cucina in modo che queste materie prime potessero essere impiegate per la produzione della glicerina.) Dopo il raffreddamento si ottiene la miscela solida dei saponi.

Prima che sia completato il raffreddamento si possono aggiungere varie sostanze per ottenere saponi con particolari caratteristiche commerciali. Uno di questi consiste nell’aggiunta all’acqua dura di polifosfati al fine di eliminare gli ioni calcio circondandoli e impedendone la combinazione con gli altri anioni che normalmente ne causano la precipitazione. Questo tipo di interazione fra uno ione e un altro è detto sequestrazione e i polifosfati sono perciò noti come “agenti sequestranti”.

In Italia il fabbisogno di detersivi sintetici è cresciuto con la loro introduzione nell’uso domestico e con il progressivo diffondersi di lavabiancheria e lavastoviglie. La produzione italiana dei detersivi sintetici è andata via via aumentando negli anni mentre quella dei saponi naturali è diminuita ma non in modo proporzionale: questo è forse un indice dell’aumento fra la popolazione del rispetto delle norme concernenti l’igiene personale.

L’uso sempre più esteso dei detersivi sintetici ha comportato, come abbiamo visto, danni ambientali piuttosto rilevanti (dovuti in genere alla bassa biodegradabilità di certi composti tensioattivi) e in particolare il fenomeno della eutrofizzazione delle acque, cioè di un’abnorme crescita delle alghe favorita da un’azione “concimante” da parte dei composti azotati e fosfatici presenti nei detersivi. L’inquinamento della acque raggiunse valori tanto elevati da rendere necessaria la regolamentazione della produzione di questa merce.

Dal 1° gennaio 1971 la legge italiana precisa che i detersivi devono essere biodegradabili almeno per l’80% cioè caratterizzati da catene di atomi di carbonio lineari simili a quelle dei saponi naturali più facilmente riducibili a molecole più semplici da parte dei microrganismi naturali. Di conseguenza si è cominciato a bandire anche l’uso dei fosfati ritenuti, almeno in parte, responsabili del fenomeno dell’eutrofizzazione, e a sostituirli con altri riduttori della durezza delle acque, per quanto più costosi.

In commercio i saponi sono valutati in base al titolo che esprime la percentuale di acidi grassi e resinosi; in un buon prodotto puro e fresco esso non deve essere inferiore a 60-62% ed aumenta con la stagionatura. Nella valutazione dei saponi si tiene conto anche dall’umidità, della carica e degli alcali liberi. I migliori tipi devono infatti essere neutri (pH=7): per quelli adibiti all’igiene personale è preferibile se posseggono un pH leggermente acido. I saponi eccessivamente alcalini deteriorano fibre e tessuti e non sono perciò adatti per toeletta e per lavare lana, seta, e fibre artificiali e sintetiche.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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La nostra cultura è fortemente improntata all’igiene, intesa sia come mezzo di prevenzione delle malattie, sia come abitudine socialmente “utile”.

Se è vero che Napoleone amava l’odore corporeo della sua amata Giuseppina al punto da inviarle missive quali “Non lavarti, torno fra tre giorni”, è anche vero che, fortunatamente, la nostra società ha visto diffondersi l’abitudine di detergere quotidianamente la pelle, al fine di rimuovere non solo gli odori, ma soprattutto lo sporco e il sudore che si accumulano durante la giornata, corsie preferenziali per la proliferazione di batteri, virus, funghi. Il nostro corpo, dopo la detersione, ritrova un senso di freschezza e pulizia che indubbiamente giova anche alla mente, e una bella doccia profumata, a fine giornata, lava via anche la stanchezza e lo stress.



I detergenti e la pelle

La nostra pelle entra, perciò, continuamente in contatto con prodotti cosmetici per la detersione di cute corporea, viso, zone intime, capelli.

Tali prodotti sono spesso sottovalutati rispetto ad altre forme cosmetiche più “prestigiose”: considerando quante volte al giorno e quante volte nell’arco della vita viene ripetuta l’azione di lavarsi, essi meriterebbero un’attenzione certamente maggiore. Quando si parla del mio lavoro, a volte mi capita di ascoltare frasi come:“Io non uso cosmetici, io sono acqua e sapone!”. A quel punto rispondo:“Anche il sapone è un cosmetico!”. I cosmetici da risciacquo, che hanno un’azione abbastanza importante sulla nostra pelle, non godono dunque dell’attenzione e della popolarità di altri prodotti. I dermatologi avvertono sempre che lavarsi “troppo” fa male, ed è vero: tutti i detergenti, persino i più delicati, sono a base di tensioattivi. Queste sostanze hanno il potere di emulsionare i grassi e lo sporco, ma anche il nostro sebo naturale, che ha un’importantissima funzione protettiva: esso non solo previene la disidratazione, ma protegge anche da aggressioni esterne quali freddo, smog, microrganismi patogeni. Se i detergenti sono utilizzati eccessivamente possono dunque seccare la pelle, privandola delle sue difese e favorendo di conseguenza la comparsa di dermatiti e allergie. Inoltre gli stessi tensioattivi, specialmente quelli sintetici, a lungo andare possono ridurre o bloccare l’attività di alcuni enzimi cutanei, causando alterazioni fisiologiche abbastanza profonde. È perciò di fondamentale importanza scegliere con cura il detergente, sia in relazione al tipo di sporco che si vuole eliminare (sebo, sudore, residui cosmetici, polvere o smog), sia al tipo di pelle (diversa da un individuo all’altro, e diversa soprattutto nelle varie aree del corpo dello stesso individuo, basti pensare alle delicate zone intime), sia in relazione alla stagione (d’estate ci si lava con maggiore frequenza, perciò è d’obbligo scegliere un detergente più delicato).



Dalla cenere allo shampoo

Il principe dei detergenti è il comune e diffusissimo sapone, il primo tensioattivo della storia. Davvero antichissimo: è stata trovata in Mesopotamia una formula per la fabbricazione di un miscuglio di grassi e cenere risalente a 5000 anni fa. Una sostanza simile al sapone era anche conosciuta presso gli antichi Egizi, mentre si ritiene che la parola sapone risalga all’epoca romana come riferimento al monte Sapo, dove si svolgevano cerimonie religiose durante le quali venivano sacrificati animali: tra i residui erano presenti cenere e grassi animali, la cui miscela, bollita in acqua, venne chiamata proprio sapo. Altri sostengono che la parola sapone, che in francese si dice savon, derivi quasi con certezza dalla città di Savona, dove il sapone come lo conosciamo oggi fu realizzato per la prima volta.

La tecnica di realizzazione era abbastanza semplice, e a partire da quell’epoca il sapone iniziò a essere prodotto nelle case facendo bollire grasso animale con la liscivia (cenere bollita in acqua e filtrata). Poco più lontano, a Marsiglia, si realizzò invece la prima produzione industriale di sapone, utilizzando grassi vegetali (olio d’oliva) al posto di quelli animali: marinai e commercianti iniziarono a venderlo con successo, e ciò durò per molti anni.

Oggi è raro trovare in commercio sapone realizzato solo col pregiato olio d’oliva, che lo rende più delicato, solitamente si trovano in commercio “saponi di Marsiglia” a base di olio di cocco e di palma. Tutto questo successo nelle vendite continuò fi no agli anni ’50 del secolo scorso, periodo in cui il sapone iniziò a essere sostituito parzialmente dai syndet, i detergenti sintetici. Oggi il mercato della detergenza è occupato per una grossa fetta da questi syndet, vale a dire bagnoschiuma, docciaschiuma, shampoo, detergenti per le mani, detergenti intimi, balsami, detergenti per bambini, ecc.

La creazione di una saponetta

Qual è la reazione chimica che avviene durante la creazione di un sapone artigianale? Nella liscivia è contenuto l’idrossido di sodio (soda caustica, che oggi viene però utilizzata pura, al posto della liscivia, per meglio dosarla), sostanza capace di rompere la struttura dei trigliceridi liberando acidi grassi e glicerina, le sostanze che appunto costituivano il trigliceride stesso. Gli acidi grassi vengono trasformati dalla soda nei corrispondenti sali sodici: il sapone, appunto (nell’elenco ingredienti di una saponetta troviamo, ad esempio, sodium cocoate o sodium palmate). La massa fluida che si ottiene da questa reazione è fatta riposare e asciugare. Alla fine di questa stagionatura sono presenti residui di trigliceridi non ancora saponificati e glicerina, sostanze eudermiche che rendono il sapone meno aggressivo: per questo motivo, i saponi artigianali sono solitamente di qualità superiore rispetto alle saponette industriali, che vengono prodotte con metodi diversi e non contengono glicerina.



Il meccanismo d’azione

Nella composizione di un detergente la parte principale, escludendo l’acqua, è costituita da un tensioattivo, spesso da miscele di tensioattivi diversi. I tensioattivi sono sostanze la cui molecola è formata da una parte idrofila (affine all’acqua) e una parte lipofila (affine all’olio) e, in virtù di questo “dualismo”, permettono ai grassi di sciogliersi in acqua (ossia consentono l’interazione di due sostanze notoriamente non miscibili tra loro). I tensioattivi si dispongono infatti attorno alle goccioline di grasso in modo tale da orientare la loro parte lipofila verso l’interno della gocciolina d’olio, e la parte idrofila verso l’esterno, a contatto con l’acqua che la circonda, rendendo la struttura così ottenuta (micella) molto più affine all’acqua rispetto alla gocciolina di grasso da sola. Al momento in cui si effettua il risciacquo, è così più facile, per l’acqua, rimuovere le particelle di grasso “micellizzate” rispetto a quelle libere. Questo meccanismo e il “dualismo” dei tensioattivi spiegano le loro proprietà emulsionanti, l’aumento del potere bagnante dell’acqua sulla cute e la capacità di rimozione del grasso.

La schiuma è un processo che avviene parallelamente, e prevede la formazione di una micella di aria anziché di grasso. La quantità di schiuma che si forma durante un lavaggio può avere certamente a che fare con la gradevolezza di un detergente, ma poco con la sua capacità pulente: esistono infatti detergenti molto efficaci che creano poca schiuma o addirittura non ne creano affatto. I tensioattivi contenuti in un detergente sono di diversi tipi e sono raggruppabili in quattro categorie:



Anionici

Recano una carica negativa sulla parte lipofila della molecola. Hanno un elevato potere schiumogeno e agiscono solubilizzando lo sporco (carico positivamente) per micellazione, favorendo così l’azione d’allontanamento dello stesso da parte dell’acqua. Ne sono esempi il classico sapone, il sodium laureth sulphate, presente nella maggioranza dei detergenti oggi in commercio, ma anche detergenti più delicati, a base vegetale, come il potassium cocoyl hydrolyzed soy protein. I saponi, come già accennato, si ottengono per idrolisi alcalina di alcuni oli e grassi. In acque dure i saponi formano sali insolubili di calcio e di magnesio, che tendono a depositarsi sulle pareti del lavandino ma possono farlo anche sulla nostra pelle. In acqua i saponi tendono a idrolizzarsi e a innalzare il pH a 8-10. Alcuni ritengono che il sapone, avendo un pH così alto, può nuocere alla pelle, esponendola ad attacchi batterici. La pelle ha un pH compreso tra 4,5 e 6, dunque un sapone a pH 8 può sembrare inadatto. Ciò è vero in parte: innanzitutto il sapone, come abbiamo detto, precipita; la precipitazione interrompe il processo di

solubilizzazione eccessiva e conseguente delipidizzazione. Eventuali residui di precipitato sulla pelle si possono eliminare con un tonico leggermente acido, a ristabilire il pH di partenza.

Ad ogni modo, è bene ricordare che la pelle riesce da sola a ristabilire il pH abbastanza velocemente. Il sodium lauryl sulphate, di derivazione petrolchimica, è il componente più diffuso tra i detergenti liquidi: non presenta problemi di pH, né di precipitazione di sali, ma ha lo svantaggio di essere irritante perché eccessivamente delipidizzante. Non è pericoloso per la salute come vogliono alcuni, ma può seccare eccessivamente la pelle e interagire con proteine ed enzimi cutanei e, se l’uso è troppo frequente, provocare dermatiti iterative da contatto.

È stato sostituito dal sodium laureth sulphate, la versione etossilata (e un po’ più delicata) del lauryl sulphate. Cationici (es. polyquaternium-10). Hanno carica positiva, perciò non sono mai usati come tensioattivi primari nei detergenti. Hanno effetto sostantivante e condizionante, sono infatti alla base della composizione di balsami per capelli, o usati come additivi in alcuni shampoo condizionanti.



Non ionici

(es. sorbitan stearate, polysorbate-20) Non hanno cariche, sono scarsamente schiumogeni e detergono più delicatamente. Per questa ragione sono utilizzati come base negli oli da bagno, o come emulsionanti o solubilizzanti in altre formulazioni. Non agiscono infatti per micellazione ma per solubilizzazione dello sporco. Hanno anche azione surgrassante e viscosizzante e hanno il potere di rendere più morbida la schiuma. A questa categoria appartengono anche gli alchilpoliglucosidi, come il coco-glucoside, di origine vegetale e dall’elevata biodegradabilità oltre che delicatezza sulla pelle.



Anfoteri

(es. cocamidopropyl betaine). Queste molecole hanno carica complessiva neutra, risultante però da due cariche opposte localizzate in due diverse “zone” della molecola stessa: se inseriti in una formulazione in cui è presente un tensioattivo anionico, riescono a posizionarsi con le loro cariche intorno alle micelle formando una struttura più ordinata e un conseguente aumento della viscosità. Ne sono esempio la cocamidopropil betaina, spesso aggiunta come correttore di viscosità durante il ciclo produttivo di un cosmetico.

Gli anfoteri inoltre riducono l’aggressività dei tensioattivi anionici e rendono la schiuma più cremosa.

Oltre ai tensioattivi, nella formulazione di un detergente sono presenti anche:

Sostanze funzionali: antiforforfora, estratti vegetali, derivati solforati, idrolizzati proteici, oli naturali, zuccheri, NMF, ecc; Filtri UV e antiossidanti: benzofenone, tocoferoli, BHA, BHT; Profumi: naturali e sintetici; Coloranti: naturali e sintetici; Opacizzanti e perlanti (nei docciacrema, balsami, shampoo): glicol stearati, derivati del saccarosio;

Conservanti e chelanti: parabeni, fenossietanolo, IMU, isotiazolinone, sodio benzoato, acido sorbico, acido deidroacetico, EDTA; Viscosizzanti: sali, betaine, PEG, esteri ad alto peso molecolare, polimeri, alcanolamidi (è bene che di queste ultime il prodotto ne sia privo)

Sostenitori o abbattitori di schiuma; Regolatori di pH: acido citrico, acido cloridrico, acido lattico, acido fosforico, NaOH;

Chiarifi canti: glicole propilenico, glicerina, urea.



Occhio ai furbetti!

In questa breve classificazione dei tensioattivi e delle sostanze presenti in un detergente ho voluto riportare i nomi INCI di alcune di queste sostanze poiché credo sia importante saper leggere correttamente in etichetta l’elenco ingredienti, al fine di comprendere che cosa effettivamente stiamo utilizzando e di aggirare eventuali bufale del “finto delicato” o del “finto naturale”.

Per fare un esempio, l’espressione “con tensioattivi derivati dall’olio di cocco” non ha alcun significato:

l’olio di cocco può aver fornito solo la materia prima, che ha poi subìto processi di trasformazione chimica ed è diventata qualcosa di molto lontano dalle sostanze naturali di partenza e poco adatta alla pelle.

Qualsiasi prodotto, per essere considerato davvero “naturale” dovrebbe riportare in etichetta uno dei marchi di certificazione conosciuti che ne attestino la reale naturalità.

Di contro, non è sempre vero che un detergente a base di sodium laureth sulphate sia sempre da considerare poco eudermico: se nella sua formulazione sono presenti sostanze surgrassanti o idrolizzati proteici con funzione dermo-protettiva (es. hydrolyzed wheat protein), queste possono modulare l’azione del tensioattivo e fare in modo che esso svolga la sua azione senza arrecare danni. Inoltre sarebbe utile conoscere la concentrazione di tensioattivi nel nostro detergente, chiamata in gergo tecnico SAL (sostanza attiva lavante): un bagnoschiuma è più concentrato (ha una SAL maggiore) rispetto a uno shampoo, e uno shampoo a sua volta è più concentrato rispetto a un detergente intimo. Si può infatti utilizzare un detergente intimo come bagnoschiuma (e in alcuni casi è consigliabile, ad esempio in estate, quando ci si lava più frequentemente), mentre il viceversa è sconsigliato.

Gli stessi parrucchieri consigliano di diluire lo shampoo in mezzo bicchiere d’acqua prima di utilizzarlo, per diminuirne l’aggressività sulla fibra capillare e sulla cute.

Altro punto su cui stare attenti: se acquistiamo prodotti che generano poca schiuma, venduti come “delicati”, ricordiamoci che questa può essere un’arma a doppio taglio; se da una parte essi sono spesso formulati con tensioattivi effettivamente più rispettosi della pelle, dall’altra possono indurre a un utilizzo di quantità maggiori di prodotto, e in tal modo la delicatezza della formulazione perde senso. Un valido accorgimento per proteggere la pelle dall’aggressività dei detergenti è quello di cospargersi con un olio vegetale (d’oliva, di mandorle,…) sulla pelle bagnata prima di applicare il docciaschiuma: un “trucco” benefico che in più rende la pelle deliziosamente vellutata.
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Sono saponi d'impasto, ottenuti con potassa caustica, a base prevalente di olio di cocco e sego.Si prestano ad essere sciolti in acqua demineralizzata per ottenere saponi semidensi.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

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Sono saponi potassici d'impasto a base di olio di cocco e di ricino.Contengono il 35-40% di acidi grassi, si presentano limpidi e la loro viscosità puo' essere corretta con piccole percentuali di cloruro di potassio.
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Re: Enciclopedia della Cosmesi

Messaggio da Aldebaran »

Che cos’è un solvente?

Un solvente dal punto di vista chimico è una sostanza che ha la capacità di scioglierne un’altra (o altre) per formare una soluzione (miscela omogenea).
Nella soluzione il solvente è il componente che è presente in quantità largamente superiore, oppure è quello che determina la stato fisico della materia della soluzione (esempio solido, liquido, gassoso).
I solventi sono solitamente, ma non sempre, liquidi. Possono essere anche gassosi o solidi. Le soluzioni liquide che non contengono acqua come solvente, sono chiamati “soluzioni non acquose”

Cosa sono i solventi organici?


Il gruppo di solventi liquidi non acquosi, più comunemente utilizzato, è quello dei solventi organici.
Questi appartengono usualmente ai seguenti gruppi di sostanze chimiche: alifatici, aromatici, alcool, ai glicoli, ai chetoni ed agli esteri.
I solventi organici sono formati da idrocarburi e sostanze legate. La maggior parte dei solventi usati industrialmente è volatile.
In accordo con la definizione della direttiva EU-VOC un composto è volatile se la pressione di vapore è più alta di 0,1 mbar a 20° C.
A questa pressione la concentrazione di VOC (composti organici volatili) dell’aria interna da aspettarsi è nell’ordine dei mg/m3

Quanto sono pericolosi i composti volatili?

I solventi hanno diversi effetti sulla salute umana, in funzione del tipo di esposizione che può avvenire attraverso vapore, nebbia, o forma liquida.
I solventi possono entrare nel corpo attraverso inalazione, ingestione e attraverso la pelle.
La via attraverso la quale i solventi possono entrare nel corpo dipende dalla volatilità e dalla solubilità dei grassi del solvente e gli effetti dannosi alla salute sono specifici per ciascun tipo di solvente; questi possono includere:

- Un effetto narcotico, causando fatica e vertigini. Alte dosi possono portare alla perdita di conoscenza e alla morte. Esposizione a larghe dosi di solventi possono rallentare il tempo di reazione e influenzare un giudizio razionale. Questo può incrementare il rischio di incidenti sia al lavoro che esternamente, come nel traffico sulla via di ritorno verso casa.
- Irritazione degli occhi e del tratto respiratorio
- Dermatiti o altri problemi della pelle. I solventi poliscono e sgrassano non solo i prodotti nei processi ma anche la pelle.
- Danneggiare il fegato, i reni, il cuore, i vasi sanguinei, il midollo osseo e il sistema nervoso( esempio encefalopatia cronica). I solventi possono penetrare la pelle ed entrare nella circolazione sanguinea.

Per avere effetti diretti sulla salute dopo una singola esposizione generalmente deve esserci un alto livello di esposizione, mentre prolungati e ripetuti bassi livelli di esposizione possono portano ad effetti sulla salute dopo un lungo periodo.
I solventi possono anche portare rischi alla sicurezza oltre che alla salute.
La maggior parte dei solventi sono volatili e infiammabili e devono essere sempre maneggiati con cura.
Alcuni solventi producono vapori che sono più pesanti della aria; questi vapori possono fluire a terra o nel caso peggiore in spazi dove possono essere incendiati per ignizione per mezzo di scintille di saldatura o di elettricità statica.
I vapori possono anche essere accesi a causa del “Fumo”.
I vapori dei soventi possono anche essere allocati in spazi confinati, e stare in questi luoghi per lungo tempo, presentando rischi per la salute.
I pericoli ambientali associati alle emissioni dei solventi organici comprende l’incremento dell’ozono atmosferico nei presso del suolo attraverso un ossidazione Fotochimica. ( smog estivo).
Alcuni tra i solventi organici del resto impoveriscono gli alti strati di ozono e perciò, la loro produzione è controllata per proteggere gli strati di ozono nella alta atmosfera.
L’uso di solventi è anche un rischio potenziale la contaminazione del suolo e dell’acqua.
La popolazione può essere esposta anch’essa ai solventi per le concentrazione trasportate dal vento nell’aria circostante.
Per l’Unione Europea la politica per prevenire i pericoli derivanti dai composti organici volatili deve seguire la direttiva 1999/13/EC del 11 Marzo 1999 sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’utilizzo di solventi organici in certe attività e installazioni.

Il rischio di salute per l’esposizione ai solventi dipende dallo specifico solvente e dal livello di esposizione. I solventi differiscono nelle loro potenzialità di nuocere alla salute.
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