l'acciaio bergamasco pinin

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andreat63
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l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da andreat63 »

leggendo su questo forum, ho visto accenni a quest'acciaio, che nn ho mai sentito prima.
avete info in merito?
è la riproposizione di un acciaio prodotto con tecniche antiche, da crogiolo? da bluma?
avevo fatto ricerche in rete, in merito alla produzione di acciaio della bergamasca, famoso per qualità fino (anche dopo) l'avvento della rivoluzione industriale, ma non ho trovato nessuna delucidazione tecnica esaustiva di come avvenisse la produzione.
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Aldebaran
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da Aldebaran »

L'acciaio dei rasoi Pinin e' un non inox stampato, lavorato negli anni 20,ve ne sono circa 200 in giro.
Già i presso i celti di epoca lateniana, è documentato la produzione di lame a struttura composta di acciai a vario tenore di C.
la cosa non è peregrina, prima dell'avvento di altoforni e convertitori, per rendere omogenea all'uso la bluma, erano necessarie ripetute operazioni di forgia e ripiegatura della stessa (acciaccatura). Quindi la saldatura è pratica ben nota fin dalle origini della metallurgia dell'acciaio.
Unire acciaio dolce e duro, aveva sostanzialmente due scopi principali: ottimizzare le caratteristiche di resistenza alla rottura all'efficacia del filo, soprattutto per le lame lunghe (le scanalature, all'uopo, sono applicazione tarda, medievale, mi pare), e risparmio del più prezioso acciaio. inoltre, per gli utensili da colpo, avere il corpo in acciaio dolce, smorza meglio le vibrazioni, e, sempre nell'ambito dell'utensileria, se la parte di acciaio duro è una lamina sottile, è più facile affilatura (in antichità fatta solo a mano, su pietre naturali mai troppo aggressive...) .
Fonte:Knives and Scabbards.


Con i tempi quindi ci siamo, ovviamente questo tipo di tecnologia era ben consolidata negli anni 20, ma dubito che i Pinin,per i motivi di cui sopra, o altri utensili fossero prodotti con questo procedimente da dite bergamasche.Forse si producevano utensili di questo acciaio usando il crogiolo, anch'esso procedimento storicamente plausibile ai tempi.

Una cosa che non ho capito..Ma quindi la bluma e' una specie di lavorazione che va bene anche per fare il damasco giusto?
andreat63
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da andreat63 »

la bluma è la massa che si ottiene per riduzione del minerale ferroso in bassoforno, dove, per le dimensioni ridotte e quindi la limitata carica di carbone, non si raggiunge la temperatura di fusione del ferro ma solo una sub fusione. in sostanza, la massa di minerale rimane allo stato pastoso, ma ciò è suff. per avere la riduzione e un certo grado di carburazione. la bluma si presenta come una massa granulosa - fibrosa, di metallo con inclusione di scoria e carbone. per essere utilizzata, deve essere omogeneizzata con ripetute battiture, piegamenti e saldature (acciaccatura).
per i lavori "di grosso", tipo barre per cancelli e inferiate, chiodi, tiranti per edilizia, le piegature erano ridotte al minimo. inoltre, meno piegature facevano, meno spurgavano fosforo, che è un elemento che conferisce marcate proprietà antiruggine al manufatto (apprezzabile negli articoli citati).
per le lame, invece, ci vuole uniformità e le ripiegature devono essere numerose, almeno per l'acciaio duro destinato al filo.
comunque, nell'antichità, anche in europa, possedevano le conoscenze per ottenere dai bassoforni quello che volevano.
acciaio ad alto tenore di C (nei fili di certe spade lateniane a struttura composita hanno rilevato anche più dell'1,2% di C, un piolo metallico trovato nel galles risalente al 6 sec d.c. addirittura l'1,7%), acciai duttili a basso tenore, da battere in lamine sottilissime, acciai medi... tutto dipendeva dalla scelta del minerale, dal tipo e dimensioni del bassoforno, dalla essenze legnose base da cui derivava il carbone che si usava...
certo, un manufatto derivante da una bluma poco affinata, es. un antico chiodone da carpenteria, se lo attacchi con acido, mostra una struttura fibrosa, normalmente semplici linee grossomodo parallele, perchè non si ricercavano effetti estetici ma solo limitare al max l'imput energetico. mica ci facevano le torciture, le piegature mirate...
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Aldebaran
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da Aldebaran »

Complimenti per la spiegazione dettagliata e comunque comprensibile.
L'unica cosa che posso dire e' che, appunto,come hai gia' detto, le piegature durante la lavorazione di barre per cancelli e inferiate, chiodi, tiranti per edilizia, erano ridotte al minimo, perche' cosi spurgavano meno fosforo, che è si un elemento che conferisce marcate proprietà antiruggine al manufatto, ma e' vero anche che il fosforo riduce a zero la resilienza gia' a bassi tenori (0,01-0,02%),oltre a complicare la lavorazione a freddo,se immesso nell'acciaio.Quindi nel caso di taglienti e' un elemento dannoso giusto?
Inoltre, penso che in un bassoforno oltre che, come hai gia' detto, e' praticamente impossibile fondere il ferro,penso anche che le intrusioni di ossigeno,seppure si riuscisse nell'intento, sarebbero dannose.
andreat63
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da andreat63 »

Aldebaran ha scritto:Complimenti per la spiegazione dettagliata e comunque comprensibile.
L'unica cosa che posso dire e' che, appunto,come hai gia' detto, le piegature durante la lavorazione di barre per cancelli e inferiate, chiodi, tiranti per edilizia, erano ridotte al minimo, perche' cosi spurgavano meno fosforo, che è si un elemento che conferisce marcate proprietà antiruggine al manufatto, ma e' vero anche che il fosforo riduce a zero la resilienza gia' a bassi tenori (0,01-0,02%),oltre a complicare la lavorazione a freddo,se immesso nell'acciaio.Quindi nel caso di taglienti e' un elemento dannoso giusto?
Inoltre, penso che in un bassoforno oltre che, come hai gia' detto, e' praticamente impossibile fondere il ferro,penso anche che le intrusioni di ossigeno,seppure si riuscisse nell'intento, sarebbero dannose.
le blume che si producevano per far tiranti, barre per cancelli, e similia, era intenzionalmente prodotto in modo da avere il più basso tenore di C possibile. questo, probabilmente, controbilanciava l'effetto negativo del fosforo sulla resilienza.
ho letto che per l'edilizia a genova, si importava il minerale dell'elba, ricco di fosforo.
per l'acciaio duro, la scelta cadeva su minerale il più possibile pulito di zolfo e anche di fosforo, tipo quello delle alpi (all'epoca romana era famoso e apprezzato l'acciaio norico, oltre il "serico" (proveniente da dove proveniva la seta, non necessariamente cinese, forse era il wootz indiano...).
però le analisi del panseri avevano rilevato alte concentrazioni di P nelle lame in wootz, che definiva materiale non eccezionale.
ti convincono le considerazioni negative di suddetto stusioso relativamente al wootz?

infine, per O, non si deve paragonare gli effetti negativi di questo su materiale ottenuto per colata e laminazione a quello su un prodotto tipo la bluma, che doveva essere sottoposto ad acciaccatura.
troppo zolfo? troppo fosforo? la bluma risponde male all'acciaccatura. non si lega, si sfalda, si rompe. nn buona, minerale da dimenticare, quello di quella tal vena e/o zona.
troppo ossigeno? bassoforni congegnati per prevenire questo fattore entro determinati limiti.
non era uno scherzo, il lavoro del bassoforno. richiedeva esperienza e polso nn indifferenti, da parte degli operatori, per ottenere il prodotto desiderato.
ne sono prova vari dilettanti che, pur con mezzi superiori, si cimentano in questa cosa, ottenendo, con sudore, fatica, surriscldamenti e scottature varie, spesso cocenti delusioni
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Aldebaran
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da Aldebaran »

Per quanto concerne il fosforo, io penso che forse e' come dici tu, ovvero che fosse controbilanciato, per quanto concerne gli effetti negativi sulla resilienza,dal basso contenuto di carbonio nell'acciaio.
Gli oggetti come cancelli o tombini,ecc,erano costituiti da acciaio povero di carbonio o anche cast steel (oggi sostituito dall'inox austenitico anche sulle navi)affinche' appunto non arrugginissero.Il tuo e il mio rasoio Acier Fondu,anche se sono del 1820,non prendono la ruggine come un Kama o Puma per questo motivo.
Il materiale proveniente dalle Alpi lo conosco solo in misura del fatto che era lo stesso usato per forgiare le lamette da barba Italia sin dal periodo Fascista.
Studiero' le note del Panseri.

Ho capito infine il discorso sull'Ossigeno anche se i ltesto questa volta non era chiarissimo.Grazie comunque.
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da andreat63 »

Aldebaran ha scritto:...
Ho capito infine il discorso sull'Ossigeno anche se i ltesto questa volta non era chiarissimo.Grazie comunque.
le scarne trattazioni sui bassoforni che ho trovato, riportano che spesso gli stessi non avevano un sistema di ventilazione forzata, sfruttavano il tiraggio naturale, magari favorito dalla ventilazione naturale, tipo quella che c'è in valli in quota tra le montagne. pare che anche i bassoforni che facevano il wootz fossero così.
i celti avevano forni a cupola, chiusi anche di sopra, e forni a fossa di scoria, in cui la scoria non spurgava dai fori, e rimaneva nel manufatto a coprire la bluma ferrosa.
tutto questo per ottimizzare il compromesso di creare ambiente riducente (da monoxido di C) con la minor t possibile in funzione del tipo di materiale desiderato.
eppoi, l'O, a parte la sottrazione di C, che altro fa?
nel secondo dopoguerra, si sono diffusi i più efficenti convertitori LD che insufflano O puro e nn aria normale come i vecchi bessemer
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Aldebaran
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da Aldebaran »

Interessanti notizie storiche ben commistionate alle disquisizioni tecniche.
Per quanto ne so (ho seguito le lezioni di Walter Nicodemi qui al Politecnico e ho i suoi libri), l'ossigeno agisce negativamente sull'acciaio nei seguenti modi:

1.Peggiora in generale le proprieta' meccaniche;

2.Aumento della sensibilita' al surriscaldo;

3.Peggiora la lavorabilita' a caldo,detto in parole povere,quindi,rende fragile oltre misura l'acciaio durante i trattamenti termici .
andreat63
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Re: l'acciaio bergamasco pinin

Messaggio da andreat63 »

grazie.
comunque, penso che, gli effetti dell' O siano ben più marcati nella moderna siderurgia, dove l'aria o addirittura l'O puro è insufflato a forza nella ghisa da decarburare, rispetto a quello che poteva fare nei vecchi bassoforni. poi c'era sempre la prova del 9 dell'acciaccatura della bluma.
invece, i moderni acciai (a parte i sinterizzati) colata, laminazione e via. tuttalpiù aggiunta di vari leganti per contrastare il fenomeno
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