Trattazione Approfondita Abrasivi per Utensili

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Re: Trattazione Approfondita Abrasivi per Utensili

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Introduzione Storica

Le prime lame diamantate per il taglio di pietre naturali sono state sviluppate in Francia nel 1855 da Felix Fromholt e successivamente impiegate su scala industriale nel 1898. Lame realizzate con diamante legato, ora comunemente usate, furono introdotte durante la seconda guerra mondiale in Belgio, da li ha preso piede lo sviluppo su vasta scala di questi utensili. Nell’industria dell’utensileria diamantata la polvere di cobalto e le sue leghe sono comunemente usate come matrice metallica per le sue eccellenti caratteristiche di ritenzione del diamante. La matrice degli utensili diamantati deve garantire determinate caratteristiche per svolgere al meglio la sua funzione di supporto dell’elemento abrasivo. La matrice deve rispondere alle doti di compatibilità con il diamante, di ritenzione dello stesso e di un comportamento all’usura sufficientemente buono da non rilasciare il diamante prima che questo abbia completata la sua vita utile. Il cobalto combina due proprietà generalmente antitetiche: elevato carico di snervamento e ottima tenacità, inoltre ha una resistenza all’usura per abrasione compatibile al diamante e facilmente regolabile tramite l’aggiunta di altre polveri. Negli anni ’90 il collasso di uno dei paesi fomitori di cobalto, lo Zaire, ha compromesso la
stabilità del prezzo di questa materia prima. L’incertezza in cui versano i paesi africani fornitori, unita alle conseguenze tossicologiche legate all’utilizzo del cobalto , hanno spinto il settore dell’utensileria diamantata a ricercare soluzioni alternative. Oggi, nel tentativo di ridurre i costi ed eliminare sostanze con effetti tossici sull’uomo, si vuole sostituire il cobalto con altre leghe.
La caratteristica innovativa del nuovo prodotto oggetto di studio sta nelle lavorazioni eseguite sulle materie prime che si distinguono dalle tradizionali per la struttura nanometrica ottenuta con processi meccanici. Dagli anni ’70 sono state sviluppate le lavorazioni meccaniche di polveri come processi industriali per la sintesi di nuovi materiali: leghe e miscele di fasi; l’impiego di queste nuove materie prime ha permesso ai pezzi sinterizzati di raggiungere inaspettate prestazioni. Nonostante le problematiche ancora irrisolte, l’uso di tali tecnologie nella preparazione di polveri nanostrutturate apre notevoli possibilità per la preparazione di materiali avanzati con particolare disegno dei bordi grano e di fase.
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Utensili diamantati

La lavorazione dei materiali duri, quali le pietre naturali e sintetiche utilizzate nell’edilizia (marmi, graniti, asfalti, cementi, ecc.), avviene per mezzo degli utensili diamantati; questi sfruttano l’elevata durezza del diamante per asportare il materiale. Il diamante si trova nell’utensile incastonato in una matrice più tenera che può essere di varia natura. I dischi diamantati sono utensili da taglio costituiti da un‘anima di acciaio e da una corona
diamantata perimetrale, che può essere a fascia continua o segmentata.
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Abrasivi

Per formare con accuratezza i materiali duri e fragili si ricorre all’uso degli abrasivi: particelle di piccole dimensioni con fonna irregolare e spigolosa. Gli abrasivi sono capaci di rimuovere piccole quantità di materiale da una superficie mediante un processo di taglio
che produce frammenti residui sottili.
I processi meccanici abrasivi non sono impiegati solo in operazioni di finitura, ma anche in operazione di asportazione di materiale di grande scala come la formatura di materiali duri non metallici: ceramici e vetri.
Gli abrasivi comunemente usati sono i seguenti:
convenzionali, allumina e carburo di silicio;
superabrasivi, nitruro di boro cubico e diamante.
Quest’ultimo è il materiale più duro conosciuto da cui il suo nome. Oltre alla durezza, un’importante caratteristica degli abrasivi è la friabilità, ovvero la capacità di un grano di fratturarsi in pezzi più piccoli; questa proprieta conferisce agli abrasivi la capacità di autoaffilarsi. Un’alta friabilità indica appunto una bassa resistenza a frattura cosi che il grano si frammenti più rapidamente se sottoposto alle forze di taglio.
La forma e la dimensione dei grani abrasivi hanno effetto sulla friabilità: grani compatti, per esempio, sono meno friabili di grani piatti; grani piccoli hanno una minor probabilita di contenere difetti e sono quindi più resistenti e meno friabili di grani grandi.
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Diamante

Il diamante è la sostanza più dura di tutte quelle conosciute (1000 volte più duro del quarzo che costituisce la fase più dura del granito), è un materiale cristallino costituito da carbonio legato covalentemente, È fragile e inizia a decomporsi in aria sopra i 700°C e a più alte temperature se si trova in ambiente non ossidante.
L’usura su questo materiale avviene per microfratturazione, causata anche da stress termici e da ossidazione. Una grave degenerazione del diamante e del suo ancoraggio con la matrice in cui è incastonato si ha per effetto della grafitizzazione, spesso catalizzata dai metalli
componenti la matrice stessa .
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Abrasivi legati

Ogni grano abrasivo rimuove solo una piccola parte del materiale alla volta, quindi alte velocita di asportazione possono essere ottenute solo se un gran numero di questi grani agiscono insieme: questo si ottiene usando abrasivi legati, tipicamente in mole a disco, dove i grani abrasivi sono tenuti insieme da un materiale legante che agisce da supporto e sostegno. Una certa porosità può essere utile alla rimozione delle piccole scaglie prodotte che possono altrimenti interferire col processo.
I più comuni tipi di leganti sono: ceramici (vetrificati), resine termoindurenti, gomme e metalli.
Gli utensili a matrice metallica sono realizzati le tecniche di metallurgia delle polveri; non si tratta di interi dischi ma di segmenti congiunti alla periferia di un disco metallico (Fig.1-2). La sinterizzazione è condotta sotto pressione ad alta temperatura (hot pressing), mentre i dischi possono essere di alluminio, bronzo, acciaio, ceramica, o composito, in base alle caratteristiche richieste di rigidezza, resistenza e stabilità dimensionale .

Figura 1

Figura 2
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Meccanismo di taglio-Taglio di Pezzi Fragili e Asportazione del Materiale

ll taglio con questo dispositivo è un processo di asportazione di materiale nel quale il vero utensile è il singolo grano abrasivo, quindi si tratta di particolari utensili
considerati multi punto. I principali fattori che contraddistinguono questo utensile rispetto ad uno a singolo punto di taglio sono:
a) ll singolo grano ha una geometria irregolare ed è disperso casualmente lungo la periferia del disco.
b) L’angolo medio di attacco e molto basso, conseguentemente l’angolo di taglio è molto basso.
c) La posizione radiale dei grani varia.
d) Le velocità di taglio sono molto elevate, tipicamente 30 m/s.

Di conseguenza la frattura del diamante è favorita nel primo caso dove è massima la forza di impatto. Questo comportamento e provato dall’osservazione dell’usura sui segmenti i quali sono omogeneamente usurati in up cutting e disomogeneamente in down cutting. lnoltre, in down cutting, si formano una grande quantità di residui non appena il diamante entra in contatto col pezzo, ciò porta ad un rapido ispessimento dell’impasto formato dalmateriale asportato promuovendo una maggiore usura della matrice. Gli spigoli di taglio non sono localizzati alla Stessa altezza ma distribuiti casualmente, i diamanti sono inoltre soggetti a cicli di frattura che variano la sporgenza e la geometria degli spigoli; è quindi solo una piccola parte dei diamanti ritenuti nella superficie ad interagire con il pezzo contemporaneamente.
ll truciolo è costituito dal materiale asportato durante l’operazione di taglio e viene distinto in primario e secondario.
ll truciolo primario si forma davanti al diamante per l’azione di sforzi di trazione e compressione che si generano alternativamente sul pezzo, il materiale cosi asportato è il principale responsabile della formazione di un cratere, situato frontalmente al diamante, e di due solchi, situati posteriormente e che delimitano la coda.
Sotto al diamante il pezzo è soggetto ad uno sforzo di compressione, quando tale carico viene meno repentinamente, in seguito al veloce moto del diamante, si provoca una rottura fragile da cui deriva il truciolo secondario dietro al diamante .

Tipi di Abrasivi
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La Matrice

La matrice ha due funzioni: tenere rigidamente il diamante in posizione e rilasciare il diamante una volta esaurita la sua vita utile. Essa deve quindi usurarsi in modo compatibile al diamante, sufficientemente da scoprire il diamante e non troppo da perderlo prima che abbia esaurito la sua capacità abrasiva.
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Meccanismo di usura

Le condizioni di usura della matrice sono tanto più severe quanto maggiore è la quantità di residui che si producono durante il taglio, sono proprio questi, infatti, a consumare la superficie metallica con un meccanismo di abrasione a 3 corpi . La quantità di residui dipende dal tipo di materiale ed è elevata per materiali a struttura aperta e sabbiosi, scarsa e di tipo fine per materiali densi e duri.
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Re: Trattazione Approfondita Abrasivi per Utensili

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Meccanismo di ritenzione

La ritenzione del diamante deriva dall’azione combinata di una interazione fisica e chimica. Alla rottura del diamante il carico di snervamento della matrice deve essere superato per permettere il suo rilascio; la ritenzione dipende quindi dal carico di snervamento della matrice, inoltre, aumenta con il lavoro di pull out necessario. Il lavoro di pull out è funzione del livello di deformazione elastica attorno al diamante e della forma di quest’ultimo,che può provocare concentrazioni di sforzi. La ritenzione dipende quindi, oltre che dal carico di snervamento, da altri due parametri: la duttilità e la sensibilita agli intagli.
Durante la deformazione della matrice, che supporta il carico agente sul diamante, avviene uno scorrimento del metallo lungo la faccia del diamante. Il coefficiente di attrito statico per l’accoppiamento metallo-diamante è comunque basso e cade nell’intervallo 0,1-0,15, questo significa che il metallo è libero di scorrere lateralmente sull’interfaccia. Se il coefficiente d’attrito aumenta, per 1’instaurarsi di altre interazioni interfacciali, si può superare le tensioni necessarie allo snervamento con conseguente incrudimento della matrice sotto al diamante; bisogna tenere in considerazione che la matrice e già deformata elasticamente quasi al limite per il ritiro differenziato .
ll meccanismo fisico deriva dall’incastro meccanico del diamante e dalla pressione esercitata dalla matrice in seguito alla deformazione elastica accumulata durante il ritiro differenziale in fase di raffreddamento dopo sinterizzazione . ll diamante ha infatti un coefficiente di espansione termica prossimo a zero a differenza dei metalli che hanno coefficienti dell’ordine di grandezza dei 10`5 m/m"C. ll valore di tensione residua è proporzionale al salto di temperatura e alla differenza di coefficiente di espansione termica.
La microscopia Raman può essere utilizzata per quantificare questo effetto. Da studi effettuati su matrici di cobalto si è osservato come le tensioni residue superino il carico di snervamento della matrice in prossimità dell’interfaccia portando ad una plasticizzazione ed un conseguente effetto di incrudimento .
Un risultato da perseguire, per migliorare il meccanismo di ritenzione, è quindi l’innalzamento del carico di snervamento.
L’interazione interfacciale può ancora essere aumentata fisicamente agendo sulla rugosità del diamante per mezzo di trattamenti termici, questo metodo tuttavia comporta una grande perdita di materiale prima di ottenere una superficie soddisfacente e un indebolimento meccanico del diamante.
Il meccanismo chimico di ritenzione avviene quando il diamante interagisce con elementi formatori di carburi. Durante la pressatura, il diamante può essere aggredito e perdere parte del carbonio superficiale per fomare carburi che enucleano come isole e poi accrescono fino a costituire un interfaccia continua . In queste condizione vi è un rafforzamento del legame che però si indebolisce quando lo spessore dei carburi aumenta troppo, ciò a causa di sviluppo di porosità e cricche. Questo processo va inoltre limitato perché porta a ingenti degradazioni del diamanti.
La formazione di carburi all’interfaccia può essere intrapresa in due modi: depositando film sottili di formatori di carburi sul diamante o includendoli nella miscela della matrice.
Nel primo caso i formatori di carburi sono presenti esclusivamente dove devono esplicare la loro funzione di rafforzamento del legame, mentre nel secondo caso sono dispersi su tutta la matrice. Gli elementi più utilizzati a tale scopo riportati in letteratura sono il cromo, il tungsteno e il titanio, che non hanno però avuto buoni risultati su scala industriale. Un problema da tenere in considerazione è l’interazione degli stampi in grafite con la matrice, che è aumentata se si raggiunge in fase di sinterizzazione la temperatura di eutettici basso fondenti. Inoltre gli elementi formatori di carburi peggiorano la duttilità della matrice con la
formazione di fasi fragili ( es. la fase cr per il cromo) e di porosità.
Abbiamo già visto le proprietà che deve avere una matrice, qui di seguito aggiungiamo alcune osservazioni. La dimensione delle particelle ha influenza sulla cinetica di densificazione e un’opportuna scelta può abbassare la temperatura di sinterizzazione. Gli ossidi formati sulla superficie delle particelle, durante la loro normale esposizione all’aria, costituiscono un impedimento alla crescita dei grani conseguente alle alte temperature di sinterizzazione necessarie per raggiungere un buon grado di densificazione ma rappresentano,per le stesse ragioni, un ostacolo al processo stesso.
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Nanostrutturazione e sinterizzazione

Dagli anni ’70 sono state sviluppate le lavorazioni meccaniche di polveri come processi industriali per la sintesi di nuovi materiali: leghe e miscele di fasi; l’impiego di queste nuove materie prime ha pennesso ai pezzi sinterizzati di raggiungere inaspettate prestazioni. Nonostante le problematiche ancora irrisolte, l’uso di tali tecnologie nella preparazione di polveri nanostrutturate apre notevoli possibilità per la preparazione di materiali avanzati con particolare disegno dei bordi grano e di fase .

Nanostrutturazione

Sintesi meccanica

L’alligazione meccanica è un processo appartenente alla metallurgia delle polveri e permette di produrre materiali omogenei partendo da miscele di polveri elementari. Mediante tale processo è possibile:
• produrre dispersioni fini di una fase secondaria (usualmente ossidi o intermetallici);
• estendere i limiti di solubilità nei solidi;
• affinare la granulometria;
• sviluppare fasi amorfe;
• distorcere fasi ordinate;
• alligare elementi difficili da introdurre con tecniche ordinarie;
• indurre reazioni chimiche a bassa temperatura.
Le origini di questa tecnica risalgono a Paul D. Merica Research Laboratory of International Nickel Company (INCO) nel 1966.
I processi messi a punto sono molti, in questo lavoro ci avvarremo di quelli che la nomenclatura definisce come alligazione meccanica (Mechanical Alloying), quando il processo prevede trasferimento di massa tra una miscela eterogenea, e macinatura meccanica (Me-
chanical Milling), quando il materiale è già omogeneo per composizione, è il caso di polveri prelegate, metalli puri od intermetallici.
Il processo inizia con la miscelazione delle polveri nelle giuste proporzioni e nel caricamento del mulino insieme al mezzo macinante, tipicamente palle d’acciaio o di carburo di tungsteno. Le materie prime hanno una granulometria media tipica compresa tra I e 200
pm, la loro dimensione non è comunque un parametro critico, eccetto che dovrebbero essere più piccole dei corpi macinanti. Per ottenere uno prodotto più fine è opportuno aggiungere una fase liquida che ha diversi effetti: le molecole di solvente sono assorbite dalla nuova superficie formata diminuendo l’energia superficiale, l’agglomerazione è ostacolata.
Durante la mulinatura, ogni volta che le palle collidono, parte del materiale rimane intrappolato con il risultato di deformare le particelle profondamente, appiattirle, saldarle a freddo tra loro, fratturarle e risaldarle.
duttili e prevale la tendenza a fonnare corpi tre volte più grandi di quelli di partenza con struttura stratiforme . Con il procedere della deformazione
il materiale incrudisce e si frattura con un meccanismo di fatica, i frammenti prodotti continuano a ridursi di dimensione se non sono presenti forze di agglomera-
zione sufficienti; in questo stadio prevale la comminuzione alla saldatura ed in fine si raggiunge uno stato stazionario.
L’efficienza del processo è sempre molto bassa, nelle migliori condizioni solo 1%
dell’energia rimane immagazzinata nel materiale mentre il resto è perduto in calore, nelle deformazioni elastiche, in vibrazioni e rumore .

Soluzioni solide fuori equilibrio

Hume-Rotery suggeriscono che la completa solubilità allo stato solido di un componente in un altro è possibile se sono verificate le quattro omonime regole:
• differenza di dimensione atomica inferiore al 15%;
• stessa struttura cristallina;
• stessa valenza;
• elettronegatività poco differente.
Queste sono regole empiriche di esclusione per leghe binarie; la prima corrisponde ad un valore critico di energia di deformazione elastica, la terza fa riferimento alla formazioni di fasi dette elettroniche in corrispondenza di particolari rapporti degli elettroni di valenza, mentre la quarta tiene conto che una grande differenza di elettronegatività porterebbe alla formazione di composti con legami non metallici tra gli atomi.
Basta che una di queste condizioni non sia rispettata affinché la solubilità abbia un limite.
È interessante osservare che in tutti i casi in cui il limite di solubilità è aumentato significativamente, per mezzo dell’azione meccanica, i raggi differiscono per ben meno del limite indicato del 15%; ciò conferma che le regole di solubilità continuano a valere anche in
condizioni di non equilibrio.
Nel caso del Fe e del Cu la differenza dimensionale è 0,001 nm e l’elettronegatività è 0,1 (secondo la scala di Pauling), differiscono invece per struttura cristallina, rispettivamente bcc e fcc. A temperatura ambiente la massima solubilità del Fe in Cu è 0,3% (at.) mentre la massima possibile ad elevata temperatura è 11% ; con la tecnica della solidificazione rapida si può raggiungere un tenore massimo di F e del 20%.
ll processo meccanico di formazione di una soluzione solida è in grado di superare la solubilità di equilibrio di almeno un fattore 10, per esempio l’alligazione meccanica può portare a nanocristalli monofasici di 60% Fe in Cu (fcc) e 20% at. Cu in Fe (bcc). La dimensione dei grani, allo stato stazionario, va da 20 nm per il Cu e 10nm per il Fe.
L’aumentata solubilità delle leghe che esibiscono un comportamento spinodale e attribuita all’elevata pressione capillare dei grani nanometrici con piccoli raggi di curvatura. Durante l’alligazione di una miscela di polvere di Fe e Cu, la deformazione meccanica procede costringendo una particella di un elemento in una matrice costituita dall’altro, continuamente è esercitata una pesante deformazione localizzata all’interfaccia tra le due fasi: il risultato è la formazione di piccole particelle di Fe a1l’inte1no di una matrice duttile di Cu. Se la differenza di energia libera di Gibbs tra la struttura bcc e quella fcc e superata dalla pressione
capillare esercitata dalle particelle di Fe di raggio , avviene la dissoluzione del Fe nel Cu. Nell’espressione, Vm è il volume molare e l’energia dell’interfaccia che è stimata da Yavari e Desré essere circa 1,37 Joule. Dalle valutazioni termodinamiche, che tengono conto del sistema reale in cui i grani non sono sferici,
il raggio critico risulta vicino ai 10 nm, che è la dimensione tipica riscontrata sperimentalmente nelle prove di alligazione meccanica.
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Sistema Duttile-Fragile

L’evoluzione della microstruttura, quando la miscela di materie prime comprende un composto fragile, come ad esempio una fase intermetallica, carburi od ossidi, è differente. Nello stadio iniziale, mentre le particelle plastiche sono appiattite, quelle fragili vengono frammentate e poi inglobate in una matrice del materiale duttile; a questo punto le trasformazioni proseguono come nel sistema duttile-duttile mantenendo uniformemente disperse tra gli spazi interlamellari le particelle fragili.
Solo se ci sono le sufficienti condizioni di solubilità, per esempio con composti intermetallici compatibili, si può anche in questo caso giungere all’omogeneizzazione chimica.
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Meccanismo di riduzione della grana

La dimensione finale dei grani metallici con struttura cristallina fcc varia inversamente con la temperatura di fusione, ciò è osservato dal limite raggiunto dai metalli basso fondenti come Al e Cu; viceversa, nessuna correlazione è stata osservata nei metalli con struttura bcc e hcp.
ll materiale processato si presenta con cristalli pesantemente deformati in modo disomogeneo: le regioni deformate sono ampie circa l pm ed attraversano l’intera particella, condizione tipica dei meccanismi di defonrrazione che avvengono ad alta velocità, e le bande di scorrimento sono separate da regioni aventi basse densità di difetti.
ll processo di affinamento della grana cristallina comprende tre stadi principali:
• inizialmente la deformazione è localizzata nelle bande di scorrimento che costituiscono una regione ad alta densita di dislocazioni;
• ad un certo livello di defonnazione queste dislocazioni annichiliscono e si ricombinano separando ogni singolo grano con bordi a piccolo angolo, i subgrani cosi formati hanno già dimensione nanometrica (circa 20-30 nm);
• l’orientazione dei singoli grani cristallini diventa completamente casuale rispetto ai vicini.
ll carico di snervamento G di un materiale policristallino dipende dal movimento delle dislocazioni ed è funzione delle dimensioni medie dei grani secondo la legge di Hall—Petch:
dove k e' una costante. Le dimensioni nanometriche che si raggiungono necessitano di altissimi sforzi per mantenere la deformazione in campo plastico, è quindi questo il limite di tale processo. Kulmann-Wilsdorf e Van der Merwe hanno messo in relazione la dimensione dei subgrani, d, con lo sforzo di taglio subito, r.
G , il modulo di rigidezza a taglio e b il vettore di Burgers. È da tener conto che la rigidità è minore nella regione di bordo grano e che tale effetto diventa rilevante quando questa rappresenta una consistente frazione del volume del materiale.
ll processo di profonda deformazione ciclica comporta, simultaneamente, moltiplicazione di dislocazioni e loro annichilimento fino a raggiungere un livello di saturazione. ln particolare nel Cu, lo scorrimento è estremamente localizzato in bande parallele separate da zone che conservano la struttura originale.
La deformazione localizzata procede con dilatazione dei bordi grano, in un meccanismo di superplasticità, mentre i cristalli indeformati si muovono in un mare di pareti di dislocazioni; tali moti relativi comportano tensioni elastiche disomogenee, a questo punto si assiste alla formazioni di nanovuoti, di ~ 1 nm, con lo scopo di rilassare gli sforzi, da cui nascono cricche che evolvono in fratture.
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Sinterizzazione

Influenza della nanostruttura sulla sinterizzazione

La caratteristica chiave del processo di consolidazione dei materiali nanostrutturati è il raggiungimento della densiñcazione evitando l’effetto di coarsening; tale risultato è dovuto alla maggior forza motrice in gioco. La granulometria estremamente fine porta a registrare anomalie nei fenomeni di trasporto (es. ridotta conducibilità elettrica e termica) quando la dimensione dei grani diventa comparabile con le lunghezze caratteristiche dei processi di
trasferimento stessi. Allo stesso modo questo effetto può essere osservato nei meccanismi responsabili della sinterizzazione, che cambiano quando si scende nel campo nanometrico.
La diffusione superficiale e il principale meccanismo durante l’iniziale fase di formazione dei colli di giunzione, ma non porta alla densificazione. Il rapporto, tra il contributo alla diffusione della massa della particella e dei bordi grano con quello della superficie, è discriminante per l’esito della consolidazione. La diffusione a bordo grano è di gran lunga maggiore nei materiali nanocristallini. Durante la densificazione di tali materiali agiscono anche altri meccanismi: lo scorrimento dei bordi grano, la rotazione dei grani ed il flusso viscoso che descrivono un comportamento simile alla superplasticità, in particolar modo se il processo è accompagnato dall’applicazione di una pressione esterna. Queste considerazioni sono supportate dall’osservazione di un rapido ritiro di tali materiali già nelle prime
fasi di sinterizzazione.
La nanostruttura ha, quindi, sia un effetto termodinamico sulla sinterizzazione che cinetico.
La dipendenza tra la velocità di densificazione e dimensione dei grani è stata sviluppata da Johnson e descritta da una relazione valida per tutti gli stadi della sinterizzazione.
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Porosità

I materiali metallici prodotti mediante metallurgia delle polveri differiscono da quelli diffusi, completamente densi, per:
• la presenza di microcavità, o pori, distribuiti con legge casuale, sia internamente sia sulle superfici;
• la possibile variabilità della composizione chimica locale, per determinate classi di materiali.
L’origine dei pori nei sinterizzati è riconducibile a diversi meccanismi:
• Incrudimento in pressatura e limiti fisici alla massima pressione di pressatura.
• Attrito fra la polvere e le facce degli elementi degli stampi durante la pressatura.
• Espansione elastica, in senso assiale, dentro la matrice. al rilascio della pressione assiale.
• Espansione elastica, in senso radiale, alla fine dell’estrazione del pezzo pressato dalla matrice.
• Eliminazione dei lubrificanti di pressatura.
• Diffusione, allo stato solido, di alcune eventuali aggiunte di lega, come Mo, Ni, Cr, Mn.
• Diffusione del carbonio nell’austenite, attraverso interscambi solido-gas.
• Fusione e diffusione di alcune aggiunte di lega “‘basso-fondenti’”, come ad esempio il rame o il fosforo.Sulla superficie del provino lucidato debbono essere presenti delle piccole aree scure, di forma prevalentemente irregolare: i pori.

La sinterizzazione genera cambiamenti significativi della frazione e delle caratteristiche della porosità: si riscontra sempre un certo arrotondamento dei pori, favorito da alcune caratteristiche delle polveri e da determinate condizioni di processo. La porosità totale può essere suddivisa in interconnessa, da una parte, e chiusa, dall’altra. La distinzione è di importanza determinante per i cuscinetti autolubrificanti, ma è utile anche per valutare adeguatamente il comportamento meccanico dei materiali sotto l’azione di forze esterne. Da un punto di vista fisico, una rete interconnessa di pori, in comunicazione con le superfici esterne dei pezzi, costituisce un insieme di traiettorie preferenziali per la propagazione di lesioni .
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Progettazione di una matrice innovativa

La matrice degli utensili diamantati deve garantire determinate caratteristiche per svolgere al meglio la sua funzione di supporto dell’elemento abrasivo. La matrice deve rispondere alle doti di compatibilità con il diamante, di ritenzione dello stesso e di un comportamento all’usura sufficientemente buono da non rilasciare il diamante prima che questo abbia completata la sua vita utile. Si passa cosi in esame tutte le caratteristiche che servono a definire le specifiche della matrice ottima ed individuare i parametri sensibili da utilizzare nell’attività sperimentale.
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Cobalto

Nel passato il cobalto e le sue leghe sono stato individuate come le più adatte a rispondere alle esigenze funzionali delle matrici degli utensili diamantati. Il cobalto mostra, infatti, un’eccellente ritenzione del diamante dovuta alla combinazione di un elevato carico di snervamento e di un’ottima tenacità, inoltre, ha una resistenza all’usura per abrasione compatibile al diamante e facilmente regolabile tramite l’aggiunta di altre polveri.
L’incertezza in cui versano i paesi africani fomitori, unita alle conseguenze tossicologiche legate all’utilizzo del cobalto , hanno spinto il settore dell’utensileria diamantata a ricercare soluzioni altemative. Oggi, nel tentativo di ridurre i costi ed eliminare sostanze con effetti tossici sull’uomo, si vuole sostituire il cobalto con altre leghe. Le prestazione migliori con differenti cicli di sinterizzazione raggiungono durezze di 110 HRB e 350 HV, densità superiori al 98% e resilienza attorno a 60-100 J/cm^2 per le temperature di sinterizzazione più consuete.
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Alternative esistenti

Lo sviluppo di nuove matrici si indirizzato verso leghe di ferro-rame con presenza o meno di un’aliquota residua di cobalto. Tali leghe si avvicinano alle proprietà desiderate con notevoli risparmi economici dovuto al costo ridotto delle materie prime. Queste leghe Cobalite vanno da un tenore di cobalto del 27% fino alla sua completa sostituzione.
Al diminuire del tenore del cobalto le proprietà calano significativamente compromettendo la qualità del manufatto finale. Le prestazioni migliori del prodotto senza cobalto misurano durezze di 103 HRB e 250-260 HV, densità superiori al 99% e resilienza 30 J/cm2. Ciò mette in evidenza la strada che è ancora da compiere per sostituire il cobalto in tutte le sue applicazioni. Possiamo invece tenere come riferimento le prestazioni dei prodotti contenenti cobalto che raggiungono durezze di 107 HRB e 320 HV, densità superiori al 98% e resilienza fino a 150 J/cm2.
Nel panorama delle polveri per utensili diamantati, un altro importante attore è la società francese denominata Euronmgstene che propone una gamma di prodotti, anche questi in lega ferro-rame con cobalto, denominati NEXT.
ll comportamento reclamato della durezza rispetto alla presenza di cobalto è analogo a prima, infatti, la massima durezza registrata (340 HB e di 109 HRB) appartiene al prodotto con il più alto tenore di cobalto (25%). Se invece consideriamo la temperatura di sinterizzazione consigliata, che per questo prodotto è 850°C, si raggiunge una durezza di 290 HB e di 105 HRB. Come si poteva prevedere il prodotto povero in cobalto ha prestazioni più scadenti con una durezza massima di poco superiore a 225 HB o 99 HRB e una durezza di 190 HB e 92 HRB se sinterizzati alla temperatura consigliata di 850°C.
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Caratteristiche del nuovo materiale

Le soluzioni alternative hanno una fonnulazione basata sul sistema ferro-rame. ll carbonio è molto solubile nella fase austenitica del ferro, tale metallo è perciò pericolosamente reattivo con il diamante che può essere degradato. La presenza del rame ha l’effetto di inibire tale reazione preservando i diamanti. l metalli del gruppo Vlll sono in generale catalizzatori della grafitizzazione del diamante. La grafitizzazione ha luogo con un aumento di volume del 56%, ciò, unito agli stress termici dovuti ai differenti coefficienti di espansione termica, porta ad un indebolimento del diamante. Le miscele possono essere variamente addizionate per modificare la processabilità e le caratteristiche finali della matrice.
L'aggiunta di bronzi aiuta la densificazione e riduce la resistenza all’abrasione cosi da rendere l’utensile più adatto a lavorare i materiali meno abrasivi. l bronzi possono formare una fase liquida tale da accelerare la diffusione e quindi la sinterizzazione, ma una eccessiva aliquota di liquido comporta inconvenienti con lo stampo.
L'aggiunta di tungsteno, elemento estremamente affine al carbonio, porta alla formazione di carburi all’interfaccia matrice-diamante; la conseguenza è un duplice effetto di miglioramento dell’ancoraggio del diamante e della resistenza della matrice all’abrasione. Per aumentare le proprietà tribologiche della matrice si possono rinserire direttmente i carburi di tungsteno, nelle diverse varietà esistenti: del tipo di grandi dimensioni possono anche rappresentare un secondo agente abrasivo.
Altri additivi per migliorare la resistenza all’usura sono le leghe base nichel che hanno per una minor influenza rispetto ai carburi di tungsteno.
Infine altre aggiunte sperimentate sono state: carburi di nichel, acciai, bronzi al manganese—nichel e allo stagno—titanio, piombo, molibdeno, boro, alluminio, cromo, stagno, zinco,manganese.
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Microstruttura

Le proprietà macroscopiche di un materiale, quali la resistenza meccanica, la durezza, la duttilità, la resistenza all’usura ed altre, sono il risultato della sua microstruttura. È quindi di fondamentale importanza investigare le relazioni che intercorrono tra le proprietà macro e microscopiche del materiale, dalla polvere, materia prima, al prodotto consolidato, passando per le condizioni di processo.
Le più importanti caratteristiche delle polveri includono la composizione chimica e delle fasi, ammontare delle impurezze come ossidi e solfuri, dimensioni media delle particelle e distribuzione delle dimensioni.
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Densificazione

Una caratteristica propria dei pezzi prodotti da sinterizzazione di polveri è la presenza di una fase costituita da porosità . Sebbene in alcune applicazioni ciò costituisca un vantaggio (boccole autolubrificanti), ai fini delle proprietà meccaniche, rappresenta un limite. Nel caso di matrici per utensili diamantati è quindi auspicabile limitare tale fase al minimo, spingendosi il più vicino possibile alla piena densificazione durante la pressatura a caldo,
Tutte le variabili che agevolano i meccanismi coinvolti nella sinterizzazione permettono di arrivare alla densità voluta in più breve tempo e a più bassa temperatura. È ben documentato che più fini sono le polveri utilizzate maggiore è la propensione alla consolidazione.
L’esperienza ha dimostrato che l’ossigeno contenuto nelle polveri può avere una azione degradativa sulla qualità delle superfici e degli spigoli del diamante, specialmente quando il processo di sinterizzazione è portato avanti in vuoto e quindi l’ossigeno presente nella miscela è l’unico disponibile all’ossidazione del carbonio.
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Dimensione dei grani

Le proprietà meccaniche sono funzione delle dimensioni del grano secondo la ben nota relazione di Hall-Petch .
È preferibile, quindi, partire da una materia prima fine poiché porta, anche dopo consolidamento in hot pressing, ad una microstruttura a grana fine. Durante il trattamento di densificazione assistita dalla pressione, la combinazione di temperatura di processo non troppo elevata, per un breve periodo, e l’eventuale presenza di una fase fine dispersa di ossidi, evita o limita la crescita della grana cristallina.
Gli effetti di temperatura e tempo sulla crescita dei grani sono ben noti; conosciuta è anche l’azione ritardante degli ossidi quando questi, presenti a bordo grano, costituiscano un ostacolo alla migrazione dei bordi. Questo meccanismo è inefficace quando è presente una fase liquida. Se la temperatura di processo raggiunge un eutettico basso fondente è probabile che la fase liquida penetri il bordo grano e permetta la sua rapida migrazione oltrepassando gli ostacoli.
A differenza dell’hot pressing, nel cold pressing, seguito da sinterizzazione libera, è generalmente favorita la crescita dei grani a causa delle più alte temperature e dei più lunghi tempi necessari.
Anche l’atmosfera di processo ha influenza sulla crescita dei grani in quanto una atmosfera riducente, usata comunemente, è in grado di ridurre gli ossidi e quindi il loro effetto .
Anche la porosità gioca un ruolo di rallentamento della crescita dei grani. l pori hanno efficacia quanto più fini e dispersi sono.
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Incrudimento

ll processo di consolidamento delle polveri prevede che queste siano sottoposte ad una pressione meccanica e ad un trattamento termico. La pressione applicata per compattare le polveri nello stampo deve superare il carico di snervamento relativo alla temperatura di processo. Bisogna tenere conto che i punti di contatto tra le polveri ammontano ad una superficie di applicazione degli sforzi di gran lunga inferiore a quella del punzone ed è pertanto facile raggiungere elevatissimi carichi anche con pressature relativamente basse.
La deformazione plastica prodotta, oltre ad un primo macroscopico effetto di compattazione delle polveri, porta all’indurimento del materiale inseguito al meccanismo di incrudimento.
l grani sono cosi molto più ricchi di dislocazioni che si autostacolano. L’innalzamento della temperatura fomisce l’energia e la mobilità necessarie all’attivazione di meccanismi,quali il climbing ed il cross-slip, capaci di sbloccare un certo numero di dislocazioni che sono libere di scorrere ed annichilirsi per incontro reciproco. Questo meccanismo detto direcupero permette il rilascio di parte delle tensioni accumulate. Soltanto a temperature elevate si predispongono le condizioni per la nucleazione e l’accrescimento di una nuova grana, rigenerata e libera da tensioni, a scapito della precedente incrudita. Poiché la
densità dei difetti lineari è diminuita sono corrispondentemente calate le caratteristiche meccaniche e viceversa aumentata la deformazione possibile.
La temperatura alla quale un metallo subisce la ricristallizzazione dipende da numerosi fattori. ll più importante è la temperatura di fusione, il grado di lavorazione a freddo subita, il tempo di ricottura, la presenza di ossidi o altre fasi finemente disperse. Più la grana è incrudita, e quindi poco ricotta, minore e la temperatura necessaria alla nucleazione di una nuova grana.
L’influenza degli ossidi è invece complessa. Sperimentalmente è provato che gli ossidi sno siti di nucleazione preferenziale. Più fini sono gli ossidi e meno la struttura attoro risente della loro presenza e, conseguentemente, è più difficile la nucleazione dei nuovi grani. È stato stabilito che la fase di ossidi può effettivamente ritardare la nucleazione se la dimensione critica dei nuovi nuclei è maggiore della distanza tra le particelle di ossidi.
Una fase di ossidi finemente dispersa è perciò in grado di prolungare il recupero, in tal modo il maggiore rilascio di tensioni riduce la forza motrice disponibile al processo di ricristallizzazione.
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Trasformazioni di fase

Quando sono utilizzate polveri premiscelate per ottenere i pezzi la tecnica di pressatura a caldo e capace di realizzare alti gradi di densificazione ma la bassa temperatura e la velocità di trattamento possono dimostrarsi insufficienti a fonnare una lega omogenea. Tale circostanza può essere evidenziata dall’allargamento dei picchi caratteristici nello spettro di diffrazione a raggi X.
È stato inoltre osservato che in molti sistemi gli alliganti inducono la formazione di complessi intermetallici nel materiale consolidato, sia durante l’hot pressing che in stadio di raffreddamento. Le fasi intermetalliche nucleano specialmente a bordo grano. La conseguenza di ciò è una riduzione delle proprietà meccaniche inseguito alla fonnazione di fasi intermetalliche fragili.
Le trasfonnazioni di fase durante il ciclo di sinterizzazione sono critiche perché governano i meccanismi di densificazione. La porosità iniziale può essere rapidamente eliminata dalla diffusione di vacanze dai pori ai bordi grano adiacenti durante il consolidamento, che si comportano come "pozzi" per vacanze; la pressione esterna aiuta la densificazione e il collasso dei pori. Questo avviene se i parametri di processo assicurano un’adeguata velocità di
diffusione ed il mantenimento delle dimensioni fini della grana.
Osservando ad esempio il sistema del ferro, un aumento della temperatura di trattamento,tale da provocare la trasformazione austenitica, risulta in una più bassa densità finale dovuta alla più bassa velocità di diffìisione e alla rapida crescita dei grani nell’austenite rispetto alla ferrite. La crescita dei grani isola i pori all’intemo di grani e la loro eliminazione avviene attraverso la più lenta velocità di diffusione massiva.
ll sistema di interesse nello studio svolto in questa tesi e il ferro—rame. L’aggiunta di rame al ferro stabilizza l’austenite e ciò condiziona la velocità di densificazione se la temperatura di processo coinvolge la trasformazione di fase.
Bisogna quindi effettuare un’analisi dell’influenza di ulteriori alliganti sulla trasformazione austenitica per prevedere gli effetti di modifiche nella composizione della matrice.
L’alligazione per via di polveri prelegate e generalmente più conveniente per la sinterizzazione rispetto all’uso di polveri premiscelate. In quest’ultimo caso, infatti,
l’omogenizzazione diffusionale porta spesso alla formazione di pori dovuto alle differenti velocità di diffusione dei diversi elementi . Inoltre, se uno dei costituenti fonde si formano grandi pori in seguito alla elevata bagnabilità della fase solida dalla liquida che comporta la formazione di un velo liquido sulle particelle e colli d’interconnessione.
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