Poesia "Il Rasojo" di Carlo Reale
Inviato: 27/08/2013, 22:15
IL RASOJO (da una prosa di Leonardo da Vinci)
Sguainandosi un dì dal cavo seno
Del manico, il rasojo al Sol s'affaccia
Che vi specchia limpido e sereno.
A tal vista il rasojo, ebbro di boria,
" Oh come, come mai! " - fra seco mormora -
" Io così bello e sì degno di gloria
mi dovrò rassegnare al rio mestiere
di far le barbe a gente sporca e zotica
nella sozza bottega di un barbiere?".
"Che! fossi pazzo! Io voglio una romita
lieta stanza trovarmi, e ivi trascorrere,
qual mi si addice, in dolce ozio la vita". -
Tal visse a parte e a lungo, fin che un dì,
sgusciando fuor del covo e fuor del manico,
un'altra volta all'aria e al Sole uscì ....
Ma, oh qual miseria vista! Il fil disfatto
ora è una sega aspra di denti e lurida,
e là dov'era in pria pel sol rifratto,
di luce e di color gioconda scena,
serpendo or van le chiazze della ruggine
come un lebbra livida ed oscena.
"Ohimè!" - il rasojo allor gemendo esclama -
"Dov'è la mia vaghezza? Ove lo specchio
della brunita e luccicante lama?"
"Ahi ruggin ladra che a sì triste stato
m'hai ridotto! Oh mio stolto e cieco orgoglio!" -
- E deplora e rimpiange il suo passato,
La bottega, il barbier ... ma nulla vale,
Chè un tardo pentimento inter gli lascia
E aggrava più l'irreparabil male.
Così, se non l'adopri, è dell'ngegno:
L'ozio lo spunta, e l'ignoranze è ruggine
Che ogni forma gli guasta e ogni congegno.
Caro Reale*
* Fonte: "Rasoi e lame - barbe e baffi (Franco Lorenzi)
Sguainandosi un dì dal cavo seno
Del manico, il rasojo al Sol s'affaccia
Che vi specchia limpido e sereno.
A tal vista il rasojo, ebbro di boria,
" Oh come, come mai! " - fra seco mormora -
" Io così bello e sì degno di gloria
mi dovrò rassegnare al rio mestiere
di far le barbe a gente sporca e zotica
nella sozza bottega di un barbiere?".
"Che! fossi pazzo! Io voglio una romita
lieta stanza trovarmi, e ivi trascorrere,
qual mi si addice, in dolce ozio la vita". -
Tal visse a parte e a lungo, fin che un dì,
sgusciando fuor del covo e fuor del manico,
un'altra volta all'aria e al Sole uscì ....
Ma, oh qual miseria vista! Il fil disfatto
ora è una sega aspra di denti e lurida,
e là dov'era in pria pel sol rifratto,
di luce e di color gioconda scena,
serpendo or van le chiazze della ruggine
come un lebbra livida ed oscena.
"Ohimè!" - il rasojo allor gemendo esclama -
"Dov'è la mia vaghezza? Ove lo specchio
della brunita e luccicante lama?"
"Ahi ruggin ladra che a sì triste stato
m'hai ridotto! Oh mio stolto e cieco orgoglio!" -
- E deplora e rimpiange il suo passato,
La bottega, il barbier ... ma nulla vale,
Chè un tardo pentimento inter gli lascia
E aggrava più l'irreparabil male.
Così, se non l'adopri, è dell'ngegno:
L'ozio lo spunta, e l'ignoranze è ruggine
Che ogni forma gli guasta e ogni congegno.
Caro Reale*
* Fonte: "Rasoi e lame - barbe e baffi (Franco Lorenzi)
